Bianconi, Giovanni Lodovico, Due lettere di fisica al signor marchese Scipione Maffei, 1746

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32 XXIV
33 XXV
34 XXVI
35 XXVII
36 XXVIII
37 XXIX
38 XXX
39 XXXI
40 XXXII
41 XXXIII
42 XXXIV
43 XXXV
44 XXXVI
45 XXXVII
46 XXXVIII
47 XXXIX
48 XL
49 XLI
50 XLII
51 XLIII
52 XLIV
53 XLV
54 XLVI
55 XLVII
56 XLVIII
57 XLIX
58 L
59 LI
60 LII
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62(LIV) rore io non credo poſſa eſſere altro, ſe
non l’ aria entro d’eſſe ocularmente in-
carcerata.
Se pongonſi ſul foco a roven-
tarſi, e dopo ſi laſciano all’ aria libera
raffreddare, ſuppoſto che ſpontaneamente
non ſi rompano, come ſempre o quaſi
ſempre ſuccede, perdono la loro attività
di ſcoppiare, come al contrario langui-
damente la ritengono, ſe mediocre è il
calore che loro ſi comunica.
Queſte pu-
re arruotandole ſcoppiano quando ſi giun-
ge a toccar colla ruota quella parte in-
teriore, ove il vetro incomincia ad eſſer
raro e fragile.
E finalmente queſte non
iſcoppiano mai ſe non incomincianſi a
rompere coll’ arte, o troncando loro la
coda, o logorandole da altra parte.
Poſ-
ſibile che due eſperimenti di fiſica vada-
no più d’accordo di queſti?
Che s’ ella
è così, come certo dall’ eſperienza am-
maeſtrati vediamo, ragionevole

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