Bianconi, Giovanni Lodovico, Due lettere di fisica al signor marchese Scipione Maffei, 1746

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62(LIV) rore io non credo poſſa eſſere altro, ſe
non l’ aria entro d’eſſe ocularmente in-
carcerata.
Se pongonſi ſul foco a roven-
tarſi, e dopo ſi laſciano all’ aria libera
raffreddare, ſuppoſto che ſpontaneamente
non ſi rompano, come ſempre o quaſi
ſempre ſuccede, perdono la loro attività
di ſcoppiare, come al contrario langui-
damente la ritengono, ſe mediocre è il
calore che loro ſi comunica.
Queſte pu-
re arruotandole ſcoppiano quando ſi giun-
ge a toccar colla ruota quella parte in-
teriore, ove il vetro incomincia ad eſſer
raro e fragile.
E finalmente queſte non
iſcoppiano mai ſe non incomincianſi a
rompere coll’ arte, o troncando loro la
coda, o logorandole da altra parte.
Poſ-
ſibile che due eſperimenti di fiſica vada-
no più d’accordo di queſti?
Che s’ ella
è così, come certo dall’ eſperienza am-
maeſtrati vediamo, ragionevole

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