1principio veniva ad esser diciamo così matematicato nella teoria de'Massimi
e de'Minimi, intorno alla quale il Fermat aveva metodi suoi proprii. Era
tutto ardore per dar mano all'impresa, quando a distrarnelo gli si fecero
incontro due ostacoli. Il Petit, uomo di grande autorità, lo aveva avvertito
che l'esperienze confermavano la legge de'seni prescritta dal Cartesio, ond'io
temo, pensava il Fermat, “ ne frustra coner introducere proportionem pro
portioni eius contrariam, quodque experimenta post publicationem inventi
mei facienda, ipsam a vestigio destruere possent ” (ibi, pag. 130). Il se
condo ostacolo era il tedio e la difficoltà del calcolo, in cui bisognava im
barcarsi per correre il nuovo pelago periglioso. Poi rimosse il primo osta
colo ripensando che, anche un esattissimo e industrioso osservatore, può
esser tratto in inganno, e vinse il secondo con invocare, invece dell'ispido
calcolo, l'amabile Geometria. Così ripreso il primo ardore, si dette all'opera
che fu coronata di un esito felice e inaspettato. “ Pretium autem laboris
mei fuit maxime insolitum, inopinatum atque omnium felicissimum. Post
quam enim omnes aequationes, multiplicationes, antitheses et alias opera
tiones methodi meae percurrissem, tandemque conclusissem Problema quod
in schedula separata accipies, deprehendi principium meum plane et prae
cise eandem refractionibus dare proportionem quam D. Cartesius stabilive
rat. Tam insperato successu magnopere commotus et admiratione perculsus
fui. Reiteravi saepius algebraicas meas operationes eodem semper successu,
quamvis demonstratio mea supponat transitum luminis per corpora densa
difficiliorem esse quam per rara; quod verissimum esse credo et contradi
tionem non pati. D. Cartesius vero contrarium asseruit. Quidnam ex omni
bus istis nobis concludendum est? Numquid id amici D. Cartesii non satis
habebunt quod ipsi possessionem sui Theorematis liberam relinquam? An
non magnae ipsi gloriae erit cognovisse processum Naturae primo intuitu,
et absque ulla demonstratione? Itaque palmam ipsi relinquo, sufficit mihi
quod D. Clerselier admittat me in societatem probationis tanti ponderis ve
ritatis, quae tam mirabiles consequentias producere debet ” (ibi, pag. 131).
e de'Minimi, intorno alla quale il Fermat aveva metodi suoi proprii. Era
tutto ardore per dar mano all'impresa, quando a distrarnelo gli si fecero
incontro due ostacoli. Il Petit, uomo di grande autorità, lo aveva avvertito
che l'esperienze confermavano la legge de'seni prescritta dal Cartesio, ond'io
temo, pensava il Fermat, “ ne frustra coner introducere proportionem pro
portioni eius contrariam, quodque experimenta post publicationem inventi
mei facienda, ipsam a vestigio destruere possent ” (ibi, pag. 130). Il se
condo ostacolo era il tedio e la difficoltà del calcolo, in cui bisognava im
barcarsi per correre il nuovo pelago periglioso. Poi rimosse il primo osta
colo ripensando che, anche un esattissimo e industrioso osservatore, può
esser tratto in inganno, e vinse il secondo con invocare, invece dell'ispido
calcolo, l'amabile Geometria. Così ripreso il primo ardore, si dette all'opera
che fu coronata di un esito felice e inaspettato. “ Pretium autem laboris
mei fuit maxime insolitum, inopinatum atque omnium felicissimum. Post
quam enim omnes aequationes, multiplicationes, antitheses et alias opera
tiones methodi meae percurrissem, tandemque conclusissem Problema quod
in schedula separata accipies, deprehendi principium meum plane et prae
cise eandem refractionibus dare proportionem quam D. Cartesius stabilive
rat. Tam insperato successu magnopere commotus et admiratione perculsus
fui. Reiteravi saepius algebraicas meas operationes eodem semper successu,
quamvis demonstratio mea supponat transitum luminis per corpora densa
difficiliorem esse quam per rara; quod verissimum esse credo et contradi
tionem non pati. D. Cartesius vero contrarium asseruit. Quidnam ex omni
bus istis nobis concludendum est? Numquid id amici D. Cartesii non satis
habebunt quod ipsi possessionem sui Theorematis liberam relinquam? An
non magnae ipsi gloriae erit cognovisse processum Naturae primo intuitu,
et absque ulla demonstratione? Itaque palmam ipsi relinquo, sufficit mihi
quod D. Clerselier admittat me in societatem probationis tanti ponderis ve
ritatis, quae tam mirabiles consequentias producere debet ” (ibi, pag. 131).
Tutta la gran maraviglia che dovette soprapprendere il Fermat dipen
deva dall'ignorare la storia gelosamente tenuta occulta dal Cartesio, il quale
non prescrisse la legge de'seni primo intuitu et absque ulla demonstra
tione, ma dietro i fatti che lo Snellio aveva sperimentalmente già dimostrati.
Comunque sia, in sul primo entrar dell'anno 1662, che tale è la data della
Lettera al De-la-Chambre, dove il Fermat scrive i fatti da noi sopra nar
rati, cessò in Francia quella diffidenza che aveva tenuti gli animi incerti
intorno alla Diottrica cartesiana.
deva dall'ignorare la storia gelosamente tenuta occulta dal Cartesio, il quale
non prescrisse la legge de'seni primo intuitu et absque ulla demonstra
tione, ma dietro i fatti che lo Snellio aveva sperimentalmente già dimostrati.
Comunque sia, in sul primo entrar dell'anno 1662, che tale è la data della
Lettera al De-la-Chambre, dove il Fermat scrive i fatti da noi sopra nar
rati, cessò in Francia quella diffidenza che aveva tenuti gli animi incerti
intorno alla Diottrica cartesiana.
Si potrebbe creder forse che, in stabilir la scienza delle rifrazioni, la
Matematica dello stesso Fermat avesse avuto grande efficacia, ma poi viene
a rendere vacillante questo giudizio una considerazione ed è che il Carte
sio e il Fermat riuscirono a concludere lo stesso dietro ipotesi fra loro con
trarie, l'uno ammettendo che il mezzo più denso impedisce, l'altro invece
dicendo che facilita il moto della luce. Essendo questa seconda ipolesi tanto
Matematica dello stesso Fermat avesse avuto grande efficacia, ma poi viene
a rendere vacillante questo giudizio una considerazione ed è che il Carte
sio e il Fermat riuscirono a concludere lo stesso dietro ipotesi fra loro con
trarie, l'uno ammettendo che il mezzo più denso impedisce, l'altro invece
dicendo che facilita il moto della luce. Essendo questa seconda ipolesi tanto