più alcuna
forza di muovere il peso non andando incontra ‘l peso e non spegnendolo; ma
mutando la lieva e fermandola nel centro C. e sopra il piano della terra sul
ponto F. e muovendosi F. E. verso G.. Adunque se tutta la forza della linea
consiste nello spegnere il peso bisogna necessariamente che ogni volta che
la linea è fatta perpendicolare non habbia più forza. </s>
<s>Adunque l’angolo della costitution della lieva non è ‘l retto, ma l’ottuso e
l’acuto. </s>
<s>Così anchora per la medesima ragione tosto che la lieva A. C. è pervenuta
alla linea F. E. giacente che è la linea della terra perde tutta la forza
che haveva nell’alzare ‘l peso D. mentre si muove sopra la sottolieva
B.perciochè all’hora insieme con la linea del peso forma l’angolo retto. </s>
<s>Overamente si aggionga che all’hora accostandosi alla F. E. non forma più
angolo e perciò perde la forza di muovere. </s>
<s>Adunque bisogna che la lieva si costituisca non ad angoli retti, ma acuti ed
ottusi. </s>
<s>Oltre acciò non si può negar che nel collocar la lieva non formino gli
angoli; che ella non è altro che una linea materiale posata nel piano o
inclinante verso esso o da esso declinante. </s>
<s>E se la lieva è uno stromento manuale che mentre si muove di movimento
circolare forma più linee, che si partano dal centro immobile e terminano
nella circonferenza formata da lui, perché non si dee credere che nel centro
costituisca più angoli ed ottusi ed acuti e nella circonferenza più angoli
retti? Ciò si persuade a bastanza dalla ragione e dalla sperienza, come
apertamente vedrà chi osser
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varà ’l movimento della lieva
espresso in questo essempio: e come si può veder sensatamente nelle taglie e
nelle ruote: Senza che quel che si muove proportionatamente sopra la linea
retta si muove secondo ‘l diametro e quanti sono i movimenti tanti i
diametri i quali tagliandosi nel centro formano angoli. </s>
<s>Finalmente la bilancia se riguardiamo alla postura dell’equilibrio, essendo
fermata nel suo centro con la lenguetta che sopra esso si eleva dentro
all’aco la qual da Greci si appella Carcone e da’ Latini Correttore et
Virgula, forma angoli retti insieme con esso pervenendo nella stessa linea
perpendicolare in quella guisa che fa l’Archipendolo de’ muratori, mentre ‘l
filo s’affronta nelle due tacche come si vede qui appresso nell’essempio e
dalla cognition di quest’ angoli retti subbito si viene alla notitia
dell’equilibrio. </s>
<s>Ma osservata la bilancia fuor di questa positura, in qualunque modo sia,
essendo fermata nel medesimo centro, si vedrà che la detta lenguetta insieme
co l’aco non si accorda non havendo commune la perpendicolare e perciò non
forma più l’angolo retto, ma l’acuto e l’ottuso. </s>
<s>Di modo che tosto veduto un angolo diverso dal retto e non esser commune la
perpendicolare si conosce la bilancia esser fuor dell’equilibrio onde si
scorge la differenza del peso delle cose poste in amendue le bilance. </s>
<s>Ma nella statera è necessario osservare gli angoli retti nell’aggiustamento
della lenguetta con l’aco e gli angoli acuti per conoscer l’alzamento del
contrapeso e la quantità della cosa che si pesa con la statera, come qui si
vede. e questo </s>