Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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Ecco la prima volta che risuona all'orecchio del Newton il nome del
Grimaldi
.
Della scoperta di lui non par ne sappia più avanti di quel che ne
accenna
ivi il Pardies, e risponde che quella dell'Hook niente altro è che
un
'ipotesi, la quale non ha nulla che rivedere coi fatti.
Io, dice il Newton,
professo
i varii gradi di refrangibilità della luce come un fatto da me sco­
perto
, e in varii e diligentissimi modi sperimentato, non come un'ipotesi,
ch
'io mi sia cavata dal mio proprio cervello: e non è buona regola di filo­
sofare
il concluder che una cosa è, dal supporre che potrebb'essere.
Opti­
mus
enim et tutissimus philosophandi modus videtur, ut in primis verum
proprietates
diligenter inquiramus et per experimenta stabiliamus, ac dein
tardius
contendamus ad hypotheses per earum explicatione.
Nam hypotheses
ad
explicandas rerum proprietates tantum accommodari debent et non ad
determinandas
usurpari (ibi, pag.
29). E prosegue a dir che non nega po­
tersi
lo spettro allungato e i suoi colori spiegare per mezzo della teoria delle
ondulazioni
dell'Hook e anche per via del moto rotatorio de'globuli del Car­
tesio
, ma comunque vogliasi dar ragione del fatto a lui basta si ammetta la
verità
del fatto, la quale consiste ne'varii gradi di refrangibilità della luce.
Quanto al fatto, ritrovò che, adoprando per corpo opaco attraversato al
raggio
, un capello, l'ombra era veramente maggiore, e si vedevano le tre
frange
colorite precisamente a quel modo che le aveva descritte l'Autore
De Lumine. Quanto alla teoria, trovò che l'ipotesi della diffrazione non era
comunemente
accettata: i più sostenevano che il raggio si piega rasente il
sottilissimo
corpo opaco, per la ragione delle rifrazioni ordinarie nell'aria.

Ma
il Newton dimostrò che la rifrazione ordinaria non aveva alcuna parte
nel
fenomeno, e ciò fece stringendo il capello fra due lamine di tersissimo
vetro
, fra le quali si distendeva ugualmente, per effetto di capillarità, un
velo
sottilissimo di acqua.
Misurata la larghezza dell'ombra del capello in
aria
e in acqua, trovò che sempre si manteneva la stessa: “ Cum laminam
vitream
perpolitam madefecissem, capillumque in aqua super id vitrum po­
suissem
, aliamque deinde laminam vitream perpolitam superimposuissem, ut
adeo
aqua repleret id omne spatii quod inter vitra interiaceret, tenui lami­
nas
hasce in radio luminis antedicto, ita ut lumen per vitra ad perpendicu­
lum
transiret, iamque umbra capilli, iisdem iterum interiectis intervallis,
eandem
, ac ante, magnitudinem habebat.
Porro rasurae, quae forte in poli­
tis
vitri laminis inessent, umbras itidem proiiciebant, multo utique quam
fieri
debuit latiores: itemque venae in eiusmodi politis vitri laminis, um­
beas
latiores similiter proiiciebant.
Quare nimia harum umbrarum latitudo,

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