Ecco la prima volta che risuona all'orecchio del Newton il nome del
Grimaldi. Della scoperta di lui non par ne sappia più avanti di quel che ne
accenna ivi il Pardies, e risponde che quella dell'Hook niente altro è che
un'ipotesi, la quale non ha nulla che rivedere coi fatti. Io, dice il Newton,
professo i varii gradi di refrangibilità della luce come un fatto da me sco
perto, e in varii e diligentissimi modi sperimentato, non come un'ipotesi,
ch'io mi sia cavata dal mio proprio cervello: e non è buona regola di filo
sofare il concluder che una cosa è, dal supporre che potrebb'essere. “ Opti
mus enim et tutissimus philosophandi modus videtur, ut in primis verum
proprietates diligenter inquiramus et per experimenta stabiliamus, ac dein
tardius contendamus ad hypotheses per earum explicatione. Nam hypotheses
ad explicandas rerum proprietates tantum accommodari debent et non ad
determinandas usurpari ” (ibi, pag. 29). E prosegue a dir che non nega po
tersi lo spettro allungato e i suoi colori spiegare per mezzo della teoria delle
ondulazioni dell'Hook e anche per via del moto rotatorio de'globuli del Car
tesio, ma comunque vogliasi dar ragione del fatto a lui basta si ammetta la
verità del fatto, la quale consiste ne'varii gradi di refrangibilità della luce.
Grimaldi. Della scoperta di lui non par ne sappia più avanti di quel che ne
accenna ivi il Pardies, e risponde che quella dell'Hook niente altro è che
un'ipotesi, la quale non ha nulla che rivedere coi fatti. Io, dice il Newton,
professo i varii gradi di refrangibilità della luce come un fatto da me sco
perto, e in varii e diligentissimi modi sperimentato, non come un'ipotesi,
ch'io mi sia cavata dal mio proprio cervello: e non è buona regola di filo
sofare il concluder che una cosa è, dal supporre che potrebb'essere. “ Opti
mus enim et tutissimus philosophandi modus videtur, ut in primis verum
proprietates diligenter inquiramus et per experimenta stabiliamus, ac dein
tardius contendamus ad hypotheses per earum explicatione. Nam hypotheses
ad explicandas rerum proprietates tantum accommodari debent et non ad
determinandas usurpari ” (ibi, pag. 29). E prosegue a dir che non nega po
tersi lo spettro allungato e i suoi colori spiegare per mezzo della teoria delle
ondulazioni dell'Hook e anche per via del moto rotatorio de'globuli del Car
tesio, ma comunque vogliasi dar ragione del fatto a lui basta si ammetta la
verità del fatto, la quale consiste ne'varii gradi di refrangibilità della luce.
Qui termina la controversia col Pardies, il quale confessò di essere pie
namente sodisfatto delle ragioni del Newton, ma questi ripensava tuttavia a
quel Grimaldus noster e a quella diffusione del lume dop'avere attraver
sato il foro della camera oscura, di che gli parlava dianzi quel suo opposi
tore. Ed ecco di qui l'occasione e il motivo ch'ebbe il Filosofo inglese d'in
formarsi meglio degli sperimenti, e di rivolger la sua mente alle speculazioni
del nostro Ottico di Bologna.
namente sodisfatto delle ragioni del Newton, ma questi ripensava tuttavia a
quel Grimaldus noster e a quella diffusione del lume dop'avere attraver
sato il foro della camera oscura, di che gli parlava dianzi quel suo opposi
tore. Ed ecco di qui l'occasione e il motivo ch'ebbe il Filosofo inglese d'in
formarsi meglio degli sperimenti, e di rivolger la sua mente alle speculazioni
del nostro Ottico di Bologna.
Quanto al fatto, ritrovò che, adoprando per corpo opaco attraversato al
raggio, un capello, l'ombra era veramente maggiore, e si vedevano le tre
frange colorite precisamente a quel modo che le aveva descritte l'Autore
De Lumine. Quanto alla teoria, trovò che l'ipotesi della diffrazione non era
comunemente accettata: i più sostenevano che il raggio si piega rasente il
sottilissimo corpo opaco, per la ragione delle rifrazioni ordinarie nell'aria.
Ma il Newton dimostrò che la rifrazione ordinaria non aveva alcuna parte
nel fenomeno, e ciò fece stringendo il capello fra due lamine di tersissimo
vetro, fra le quali si distendeva ugualmente, per effetto di capillarità, un
velo sottilissimo di acqua. Misurata la larghezza dell'ombra del capello in
aria e in acqua, trovò che sempre si manteneva la stessa: “ Cum laminam
vitream perpolitam madefecissem, capillumque in aqua super id vitrum po
suissem, aliamque deinde laminam vitream perpolitam superimposuissem, ut
adeo aqua repleret id omne spatii quod inter vitra interiaceret, tenui lami
nas hasce in radio luminis antedicto, ita ut lumen per vitra ad perpendicu
lum transiret, iamque umbra capilli, iisdem iterum interiectis intervallis,
eandem, ac ante, magnitudinem habebat. Porro rasurae, quae forte in poli
tis vitri laminis inessent, umbras itidem proiiciebant, multo utique quam
fieri debuit latiores: itemque venae in eiusmodi politis vitri laminis, um
beas latiores similiter proiiciebant. Quare nimia harum umbrarum latitudo,
raggio, un capello, l'ombra era veramente maggiore, e si vedevano le tre
frange colorite precisamente a quel modo che le aveva descritte l'Autore
De Lumine. Quanto alla teoria, trovò che l'ipotesi della diffrazione non era
comunemente accettata: i più sostenevano che il raggio si piega rasente il
sottilissimo corpo opaco, per la ragione delle rifrazioni ordinarie nell'aria.
Ma il Newton dimostrò che la rifrazione ordinaria non aveva alcuna parte
nel fenomeno, e ciò fece stringendo il capello fra due lamine di tersissimo
vetro, fra le quali si distendeva ugualmente, per effetto di capillarità, un
velo sottilissimo di acqua. Misurata la larghezza dell'ombra del capello in
aria e in acqua, trovò che sempre si manteneva la stessa: “ Cum laminam
vitream perpolitam madefecissem, capillumque in aqua super id vitrum po
suissem, aliamque deinde laminam vitream perpolitam superimposuissem, ut
adeo aqua repleret id omne spatii quod inter vitra interiaceret, tenui lami
nas hasce in radio luminis antedicto, ita ut lumen per vitra ad perpendicu
lum transiret, iamque umbra capilli, iisdem iterum interiectis intervallis,
eandem, ac ante, magnitudinem habebat. Porro rasurae, quae forte in poli
tis vitri laminis inessent, umbras itidem proiiciebant, multo utique quam
fieri debuit latiores: itemque venae in eiusmodi politis vitri laminis, um
beas latiores similiter proiiciebant. Quare nimia harum umbrarum latitudo,