1bre 1667, accompagnando al Principe la detta Relazione dell'Alone osservato
a Parigi.
a Parigi.
Leopoldo de'Medici non richiedeva quelle scientifiche informazioni per
sua privata curiosità, ma per diffonderle nella sua Accademia, alla quale,
così Cardinale com'era diventato, attendeva con maggiore operosità e con
affetto più vivo. E perchè non era allora la lingua francese d'intelligenza
comune, ordinò al Viviani che traducesse la Relazione in lingua italiana, e
gli ordinò altresì ne facesse un sunto, da diffonderne con più facilità la no
tizia, e da conservarsi fra'documenti dell'Accademia. Il Viviani esegui pun
tualmente i due comandi, e quanto al primo lasciò notato alla fine del ma
noscritto inserito da c. 137-44 nel Tomo CXXXIII de'Discepoli di Galileo:
“ Mal tradotta da me dal francese, a'di 21 Dicembre 1667, e correttami dal
signor Francesco Pandolfini. ” Quanto al secondo, ivi a c. 135: “ Datone
copia al Serenissimo Cardinale Leopoldo, che mi aveva richiesto del sunto. ”
Nonostante però che il Viviani dica di aver mal tradotto, noi preferiremo la
versione di lui a quella latina fatta dal Dausmenil, e inserita da pag. 348-58
(Lugd. Batav. 1703) degli Opuscoli postumi di Cristiano Huyghens, per le
citazioni che occorreranno nel passar a dar brevemente conto della ipotesi
proposta dal celebre Autore, per salvar le Corone e i Parelii.
sua privata curiosità, ma per diffonderle nella sua Accademia, alla quale,
così Cardinale com'era diventato, attendeva con maggiore operosità e con
affetto più vivo. E perchè non era allora la lingua francese d'intelligenza
comune, ordinò al Viviani che traducesse la Relazione in lingua italiana, e
gli ordinò altresì ne facesse un sunto, da diffonderne con più facilità la no
tizia, e da conservarsi fra'documenti dell'Accademia. Il Viviani esegui pun
tualmente i due comandi, e quanto al primo lasciò notato alla fine del ma
noscritto inserito da c. 137-44 nel Tomo CXXXIII de'Discepoli di Galileo:
“ Mal tradotta da me dal francese, a'di 21 Dicembre 1667, e correttami dal
signor Francesco Pandolfini. ” Quanto al secondo, ivi a c. 135: “ Datone
copia al Serenissimo Cardinale Leopoldo, che mi aveva richiesto del sunto. ”
Nonostante però che il Viviani dica di aver mal tradotto, noi preferiremo la
versione di lui a quella latina fatta dal Dausmenil, e inserita da pag. 348-58
(Lugd. Batav. 1703) degli Opuscoli postumi di Cristiano Huyghens, per le
citazioni che occorreranno nel passar a dar brevemente conto della ipotesi
proposta dal celebre Autore, per salvar le Corone e i Parelii.
L'osservazione sensata gli avea dimostrato un error capitale, in ch'era
incorso il Cartesio, e che consisteva nel dire che lo spazio rinchiuso dentro
la Corona fosse più chiaro dell'aria all'intorno. L'Huyghens osservò che
invece era più oscuro, e indi ne trasse una conclusione importante, che cioè
i ghiaccioli, a cui era stato commesso il gioco di rischiarar quello spazio,
non fossero altrimenti diafani ma opachi. E perchè dall'altra parte una certa
tal qual trasparenza superficiale era necessaria a produrre le rifrazioni, si
ridusse l'Huyghens a trasformar le stelline cartesiane in cilindretti di ghiac
cio, trasparenti alla superficie e col nocciolo opaco. Per mezzo di così fatti
cilindretti trasportati e sostenuti per l'aria, non ritti nè a diacere, ma in
clinati al piano dell'orizzonte per un angolo vicino al mezzo retto, pensò
che si potessero salvare altresi le apparenze de'Parelii, e tuttociò si studiò
di confermare per l'esperienza, costruendo alcuni di così fatti cilindretti ar
tificiali, e mostrando che collocati opportunamente innanzi all'occhio ripro
ducevano le sembianze de'fenomeni celesti.
incorso il Cartesio, e che consisteva nel dire che lo spazio rinchiuso dentro
la Corona fosse più chiaro dell'aria all'intorno. L'Huyghens osservò che
invece era più oscuro, e indi ne trasse una conclusione importante, che cioè
i ghiaccioli, a cui era stato commesso il gioco di rischiarar quello spazio,
non fossero altrimenti diafani ma opachi. E perchè dall'altra parte una certa
tal qual trasparenza superficiale era necessaria a produrre le rifrazioni, si
ridusse l'Huyghens a trasformar le stelline cartesiane in cilindretti di ghiac
cio, trasparenti alla superficie e col nocciolo opaco. Per mezzo di così fatti
cilindretti trasportati e sostenuti per l'aria, non ritti nè a diacere, ma in
clinati al piano dell'orizzonte per un angolo vicino al mezzo retto, pensò
che si potessero salvare altresi le apparenze de'Parelii, e tuttociò si studiò
di confermare per l'esperienza, costruendo alcuni di così fatti cilindretti ar
tificiali, e mostrando che collocati opportunamente innanzi all'occhio ripro
ducevano le sembianze de'fenomeni celesti.
“ Per far vedere all'occhio tutti questi differenti effetti de'ci
lindri, leggesi in fine alla citata Relazione tradotta dal Viviani,
egli ne ha portato uno di vetro lungo un piede, della forma della
110[Figure 110]
lindri, leggesi in fine alla citata Relazione tradotta dal Viviani,
egli ne ha portato uno di vetro lungo un piede, della forma della
110[Figure 110]
Fig. 45.
45a figura, con un cilindro di legno nel mezzo, invece di nocciolo
opaco, e con lo spazio fra esso ripieno d'acqua, in luogo di ghiaccio
trasparente. Tal cilindro, stando esposto al sole e situato l'occhio in
luogo a proposito, si vedevano successivamente tutte quelle rifles
sioni e rifrazioni, delle quali si è parlato. Dal che si poteva con
cludere che, dandosi una grande quantità di simili cilindri, ma piccolissimi
in comparazione di questo, occupando l'aria e con quelle diverse positure
45a figura, con un cilindro di legno nel mezzo, invece di nocciolo
opaco, e con lo spazio fra esso ripieno d'acqua, in luogo di ghiaccio
trasparente. Tal cilindro, stando esposto al sole e situato l'occhio in
luogo a proposito, si vedevano successivamente tutte quelle rifles
sioni e rifrazioni, delle quali si è parlato. Dal che si poteva con
cludere che, dandosi una grande quantità di simili cilindri, ma piccolissimi
in comparazione di questo, occupando l'aria e con quelle diverse positure