Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              fisica fra noi, si seguitarono anche da alcuni volutisi serbare dall'altra parte
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              ad Aristotile sempre devoti. </s>
              <s>Scriveva Andrea Cesalpino, nel libro V delle
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              sue Questioni peripatetiche: “ Caliditas igitur raritatem sequitur, quia affi­
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              nis quaedam naturae sunt: idcirco ubi una in materia oritur et altera se­
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              <s>Simul enim quid incalescit rarius etiam fit, locum ampliorem quae­
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              rens, et e converso, quod enim unum efficit alterum quoque. </s>
              <s>Motus igitur
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              disgregando simul rarefacit, et caliditatem in materia educit. </s>
              <s>Quies autem
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              contraria praestat, condensationem scilicet et frigiditatem, quae omnia pri­
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              vationes quaedam sunt ” (Venetiis 1571, pag. </s>
              <s>70). E nel Trattato
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              De plan­
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              tis:
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              “ Quamvis autem sensui manifestus sit calor, non ob id negandum est:
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              quae enim minus calida sunt quam tactus nostri, frigida indicantur ” (Flo­
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              rentiae 1583, pag. </s>
              <s>4). </s>
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              <s>Dal raro e dal denso, come da effetti essenzialmente indicativi, argo­
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              mentava la natura e le proprietà del calore anche quel Giovan Batista Bene­
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              detti, primo Maestro della scienza fisica in Italia, e di cui dovremo nel
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              presente soggetto ammirar le dottrine così dalla lontana splendenti nella lieta
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              luce del vero, in mezzo alla profonda caligine peripatetica. </s>
              <s>Se avesse Gali­
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              leo prese le Speculazioni di lui ad esempio del suo filosofare, avrebbe po­
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              tuto senza scapito, ed anzi con qualche avvantaggio della verità raffinare le
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              proprie, ringentilendole della grossolana materialità delle dottrine democri­
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              tiche ed epicuree, ch'egli mette nuovamente in corso come monete cavate
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              dall'erario dell'antica Filosofia, senz'essere state rifuse. </s>
              <s>E se nel maneg­
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              giarle par che perdano alquanto di quella ruggine, ciò non fa veramente
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              altro effetto che di mostrar più chiara e più scolpita la poco fina arte che
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              ebbe il monetario in coniarle. </s>
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              <s>Nel
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              Saggiatore
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              trattiensi lungamente a dare al Sarsi una lezione pla­
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              tonica intorno alle qualità secondarie della materia, che non riseggono real­
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              mente in essa, ma ne'nostri sensi, fuor de'quali non sono altro che nomi. </s>
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              Com'avean fatto già Democrito ed Epicuro, applicando quelle antiche e ve­
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              rissime dottrine platoniche al calore, Galileo così scrive: “ E tornando al
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              primo mio proposito in questo luogo, avendo già veduto come molte affe­
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              zioni, che sono riputate qualità risedenti ne'soggetti esterni, non hanno ve­
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              ramente altra esistenza che in noi, e fuor di noi, non sono altro che nomi;
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              dico che inchino assai a credere che il calore sia di questo genere, e che
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              quelle materie che in noi producono o fanno sentire il caldo, le quali noi
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              chiamiamo col nome generale fuoco, siano una moltitudine di corpiccioli mi­
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              nimi in tal e tal modo figurati, mossi con tanta e tanta velocità, li quali
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              incontrando il nostro corpo lo penetrino colla lor somma sottilità, e che il
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              lor toccamento, fatto nel lor passaggio per la nostra sostanza e sentito da
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              noi, sia l'affezione che noi chiamiamo caldo ” (Alb. </s>
              <s>IV, 333). </s>
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              <s>Que'corpiccioli ignei riputati da tutti così minimi da rendersi anco agli
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              occhi più acuti invisibili, Galileo fu il primo a vederli penetrare attraverso
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              il vetro di una caraffa posta a fuoco lento, e mescendosi all'acqua ivi den­
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              tro rinchiusa, farla notabilmente crescere di volume, come dimostrava ve-</s>
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