1fisica fra noi, si seguitarono anche da alcuni volutisi serbare dall'altra parte
ad Aristotile sempre devoti. Scriveva Andrea Cesalpino, nel libro V delle
sue Questioni peripatetiche: “ Caliditas igitur raritatem sequitur, quia affi
nis quaedam naturae sunt: idcirco ubi una in materia oritur et altera se
quitur. Simul enim quid incalescit rarius etiam fit, locum ampliorem quae
rens, et e converso, quod enim unum efficit alterum quoque. Motus igitur
disgregando simul rarefacit, et caliditatem in materia educit. Quies autem
contraria praestat, condensationem scilicet et frigiditatem, quae omnia pri
vationes quaedam sunt ” (Venetiis 1571, pag. 70). E nel Trattato De plan
tis: “ Quamvis autem sensui manifestus sit calor, non ob id negandum est:
quae enim minus calida sunt quam tactus nostri, frigida indicantur ” (Flo
rentiae 1583, pag. 4).
ad Aristotile sempre devoti. Scriveva Andrea Cesalpino, nel libro V delle
sue Questioni peripatetiche: “ Caliditas igitur raritatem sequitur, quia affi
nis quaedam naturae sunt: idcirco ubi una in materia oritur et altera se
quitur. Simul enim quid incalescit rarius etiam fit, locum ampliorem quae
rens, et e converso, quod enim unum efficit alterum quoque. Motus igitur
disgregando simul rarefacit, et caliditatem in materia educit. Quies autem
contraria praestat, condensationem scilicet et frigiditatem, quae omnia pri
vationes quaedam sunt ” (Venetiis 1571, pag. 70). E nel Trattato De plan
tis: “ Quamvis autem sensui manifestus sit calor, non ob id negandum est:
quae enim minus calida sunt quam tactus nostri, frigida indicantur ” (Flo
rentiae 1583, pag. 4).
Dal raro e dal denso, come da effetti essenzialmente indicativi, argo
mentava la natura e le proprietà del calore anche quel Giovan Batista Bene
detti, primo Maestro della scienza fisica in Italia, e di cui dovremo nel
presente soggetto ammirar le dottrine così dalla lontana splendenti nella lieta
luce del vero, in mezzo alla profonda caligine peripatetica. Se avesse Gali
leo prese le Speculazioni di lui ad esempio del suo filosofare, avrebbe po
tuto senza scapito, ed anzi con qualche avvantaggio della verità raffinare le
proprie, ringentilendole della grossolana materialità delle dottrine democri
tiche ed epicuree, ch'egli mette nuovamente in corso come monete cavate
dall'erario dell'antica Filosofia, senz'essere state rifuse. E se nel maneg
giarle par che perdano alquanto di quella ruggine, ciò non fa veramente
altro effetto che di mostrar più chiara e più scolpita la poco fina arte che
ebbe il monetario in coniarle.
mentava la natura e le proprietà del calore anche quel Giovan Batista Bene
detti, primo Maestro della scienza fisica in Italia, e di cui dovremo nel
presente soggetto ammirar le dottrine così dalla lontana splendenti nella lieta
luce del vero, in mezzo alla profonda caligine peripatetica. Se avesse Gali
leo prese le Speculazioni di lui ad esempio del suo filosofare, avrebbe po
tuto senza scapito, ed anzi con qualche avvantaggio della verità raffinare le
proprie, ringentilendole della grossolana materialità delle dottrine democri
tiche ed epicuree, ch'egli mette nuovamente in corso come monete cavate
dall'erario dell'antica Filosofia, senz'essere state rifuse. E se nel maneg
giarle par che perdano alquanto di quella ruggine, ciò non fa veramente
altro effetto che di mostrar più chiara e più scolpita la poco fina arte che
ebbe il monetario in coniarle.
Nel Saggiatore trattiensi lungamente a dare al Sarsi una lezione pla
tonica intorno alle qualità secondarie della materia, che non riseggono real
mente in essa, ma ne'nostri sensi, fuor de'quali non sono altro che nomi.
Com'avean fatto già Democrito ed Epicuro, applicando quelle antiche e ve
rissime dottrine platoniche al calore, Galileo così scrive: “ E tornando al
primo mio proposito in questo luogo, avendo già veduto come molte affe
zioni, che sono riputate qualità risedenti ne'soggetti esterni, non hanno ve
ramente altra esistenza che in noi, e fuor di noi, non sono altro che nomi;
dico che inchino assai a credere che il calore sia di questo genere, e che
quelle materie che in noi producono o fanno sentire il caldo, le quali noi
chiamiamo col nome generale fuoco, siano una moltitudine di corpiccioli mi
nimi in tal e tal modo figurati, mossi con tanta e tanta velocità, li quali
incontrando il nostro corpo lo penetrino colla lor somma sottilità, e che il
lor toccamento, fatto nel lor passaggio per la nostra sostanza e sentito da
noi, sia l'affezione che noi chiamiamo caldo ” (Alb. IV, 333).
tonica intorno alle qualità secondarie della materia, che non riseggono real
mente in essa, ma ne'nostri sensi, fuor de'quali non sono altro che nomi.
Com'avean fatto già Democrito ed Epicuro, applicando quelle antiche e ve
rissime dottrine platoniche al calore, Galileo così scrive: “ E tornando al
primo mio proposito in questo luogo, avendo già veduto come molte affe
zioni, che sono riputate qualità risedenti ne'soggetti esterni, non hanno ve
ramente altra esistenza che in noi, e fuor di noi, non sono altro che nomi;
dico che inchino assai a credere che il calore sia di questo genere, e che
quelle materie che in noi producono o fanno sentire il caldo, le quali noi
chiamiamo col nome generale fuoco, siano una moltitudine di corpiccioli mi
nimi in tal e tal modo figurati, mossi con tanta e tanta velocità, li quali
incontrando il nostro corpo lo penetrino colla lor somma sottilità, e che il
lor toccamento, fatto nel lor passaggio per la nostra sostanza e sentito da
noi, sia l'affezione che noi chiamiamo caldo ” (Alb. IV, 333).
Que'corpiccioli ignei riputati da tutti così minimi da rendersi anco agli
occhi più acuti invisibili, Galileo fu il primo a vederli penetrare attraverso
il vetro di una caraffa posta a fuoco lento, e mescendosi all'acqua ivi den
tro rinchiusa, farla notabilmente crescere di volume, come dimostrava ve-
occhi più acuti invisibili, Galileo fu il primo a vederli penetrare attraverso
il vetro di una caraffa posta a fuoco lento, e mescendosi all'acqua ivi den
tro rinchiusa, farla notabilmente crescere di volume, come dimostrava ve-