Gallaccini, Teofilo, Perigonia, o vero degli angoli, ca. 1590-1598

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              <s>
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              la quale si muove e questa linea taglia ad angoli retti la circonferenza della sfera della terra e dell’acqua: E benchè i venti nella carta da navigare costituischino le linee rette, con tutto ciò non si considerano né s’adoprano come rette; ma come circolari; onde è che la medesima quantità di miglia e di leghe che nella tondezza della terra e dell’acqua insieme prese si dimostra, apparisce ancho in piano per la carta da navigare, così in terra come in acqua (sì come si ritrahe dall’Arte del navigare di Pietro da Medina, nel cap. 7 del 3° libro) segnandosi con leghe e gradi la lontananza, che habbia qualsivoglia cosa nella tondezza del mondo, senza scemarle parte alcuna e ciò non è inconveniente, perché a un corpo ritondo si può conceder la medesima proportione nel piano, come si dimostra da Tolomeo nel Planisferio e da Giordano nel trattato del medesimo. </s>
              <s>Ma come questa proportione si dimostri e per qual cagione le misure delle distanze delle cose, così in piano, come in tondo, sieno le medesime non si dee ragionar in questo luogo, bastando solamente dimostrare in che consista l’uso degli angoli nella Navigatoria, e questo esser il tagliamento della circonferenza della sfera, la costitution delle varie portioni di essa, essendo già divisa da’ venti in quarte e ‘n rombi. </s>
              <s>E si avvertisca che si considerano gli angoli nella Navigatoria non in quanto all’utilità, che a tale arte apportar possino, perciochè in essa non si fa conto alcuno degli angoli; ma in quanto che ci si trovano
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              quelle cose che alla Navigatoria sono di grandissimo giovamento; che non si riguarda quali angoli formino i venti nella carta da navigare, o nella circonferenza della terra e dell’acqua, ma si considera la positura loro, acciò si possa vedere per qual vento sia meglio navigare sicuramente e con prestezza. </s>
              <s>E questo basti intorno al proposito della materia di questo capitolo.</s>
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              <s>Nell’agricoltura</s>
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              <s>Cap. 21</s>
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              <s>Non è arte alcuna che servendosi in qualche maniera de’ lineamenti o delle superficie in vario modo terminate non si serva ancho degli angoli. </s>
              <s>Questo si vede apertissimamente non solo per le cose dette ma ancho per la osservatione dell’agricoltura; perciochè, nel porre gli arboli con ordine, come nel far gli oliveti, le selve, le lame, e nel piantar le vigne e gli anguillacci e finalmente ne’ compartimenti degli ordini, tale uso apparisce chiarissimamente. </s>
              <s>E che altro dimostrano gli ordini degli arboli piantati (come si dice) a Quincunce, de’ quali fece mention Cicerone nel dialogo Della vecchiezza, se non l’uso degli angoli? Quest’ordine così appellato da Cicerone stesso si espone in tal guisa:</s>
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              <s>Cum autem admiraretur Lysander et processitates arborum et disectos in quincuncem ordines. </s>
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              <s>Come ancho dicendo:</s>
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              <s>Quid de pratorum viriditate, aut arborum ordinibus, aut vinearium olivetorium ne specie dicam?</s>
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              <s>E Quintiliano nel cap. 3° dell’8° libro:</s>
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              <s>Quid illo quincunce speciosius qui in quacumque partem spectaveris vetus est? </s>
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