Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

Page concordance

< >
< >
page |< < of 3504 > >|
    <archimedes>
      <text>
        <body>
          <chap>
            <p type="main">
              <s>
                <pb xlink:href="020/01/721.jpg" pagenum="164"/>
              rissime, il Borelli forse compiacente di non andare in tutto ai versi del Vi­
                <lb/>
              viani tenace di quel vapore igneo circondante gli atomi dell'acqua, se­
                <lb/>
              condo l'opinione del suo amatissimo Galileo; non dubitò di affermare che
                <lb/>
              l'aria generatasi dall'acqua nel collo delle ampolle preesistesse nell'acqua
                <lb/>
              stessa sceveratavi dal calore. </s>
              <s>Non decideva se ciò avvenisse per insinuazione
                <lb/>
              delle particelle aereose esterne o per sotterranee esalazioni, ma supposto in
                <lb/>
              ogni modo questo fatto per vero, spiegava il Borelli in una sua scrittura
                <lb/>
              indirizzata al principe dell'Accademia da Roma il dì 21 di Settembre 1658,
                <lb/>
              il ricrescimento della mole del ghiaccio. </s>
              <s>Supposto ciò, e accettando da Ga­
                <lb/>
              lileo quel che con filosofica libertà credeva di accettare, supposto di più che
                <lb/>
              esalato il vapor igneo d'intorno agli atomi dell'acqua, questi venissero più
                <lb/>
              prontamente a esercitare la reciproca attrazion magnetica, o molecolare come
                <lb/>
              si direbbe oggidì, e fossero perciò la causa dell'indurirsi la mole; così l'in­
                <lb/>
              gegnoso Fisico dimostrava il suo assunto: </s>
            </p>
            <p type="main">
              <s>“ Supponendo il freddo esser privazione di calore, allorchè l'acqua si
                <lb/>
              raffredda, è necessario che traspiri dalla detta acqua moltitudine grande di
                <lb/>
              atomi ignei. </s>
              <s>Ma all'assenza di detti atomi ignei segue l'unione e contatto
                <lb/>
              delle parti acquee e libertà di esercitare la virtù magnetica, e quel moto che
                <lb/>
              è necessario per unirsi e scappar fuori dai buchetti degli atomi aerei, i quali
                <lb/>
              impedivano l'unione di detti atomi, e dentro dei quali gli atomi acquei per
                <lb/>
              la necessità del sito stavano pravamente collocati, e fuor del loro sito na­
                <lb/>
              turale. </s>
              <s>Adunque è necessario che tutti quegli atomi aerei, i quali son di­
                <lb/>
              spersi dentro la sostanza dell'acqua rimangano voti d'acqua.... E perchè
                <lb/>
              gli spazietti occupati dal foco allorchè l'acqua era fluida sono incompara­
                <lb/>
              bilmente minori di quelli spazii vacui della concavità degli atomi aerei, per
                <lb/>
              esser gli atomi ignei assai più piccoli che non sono gli atomi aerei, adun­
                <lb/>
              que necessariamente nell'atto dell'addiacciamento dee ampliarsi la mole del­
                <lb/>
              l'acqua ” (Fabbroni, Lett. </s>
              <s>in., Firenze 1773, T. I, pag. </s>
              <s>105, 6). </s>
            </p>
            <p type="main">
              <s>Il Viviani però che voleva in tutto e per tutto salvar le dottrine di Ga­
                <lb/>
              lileo non approvava l'ipotesi dell'aria ospitante in mezzo all'acqua, sopra
                <lb/>
              la quale principalmente il Borelli fondava la sua dimostrazione. </s>
              <s>E tanto era
                <lb/>
              persuaso di ciò che, non avendo potuto liberarsi da quel bollimento che fa­
                <lb/>
              ceva sempre il mercurio nel tubo torricelliano, propose “ di fare un can­
                <lb/>
              none di stagno lungo sedici braccia e supplire sino in venti con canne di
                <lb/>
              vetro per aver campo di fare il vuoto con l'acqua e per osservare se ve­
                <lb/>
              ramente queste bollicine ascendenti dall'argento vivo sian particelle di aria ”
                <lb/>
              (Targioni, Notizie cit., T. II, P. II, pag. </s>
              <s>439). </s>
            </p>
            <p type="main">
              <s>Questa esperienza, eseguita nel dì 18 Agosto 1660, è la prima colla
                <lb/>
              quale i nostri Fiorentini operarono il vuoto con tubi pieni di acqua, come
                <lb/>
              avevano fatto già il Berti a Roma e il Pascal a Roano ritornando così a fare
                <lb/>
              quel ch'erasi fatto tanti anni indietro, per questo fine singolare; per aver
                <lb/>
              cioè uno spazio perfettamente vuoto di quelle esalazioni, che sempre si
                <lb/>
              vedevano uscir dal mercurio. </s>
              <s>Ma come sarà rimasto il Viviani a veder nel­
                <lb/>
              l'acqua un tal fervore di effluvii, che il mercurio al confronto era un nulla! </s>
            </p>
          </chap>
        </body>
      </text>
    </archimedes>