Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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7349LIBRO I.Anm, ACB; e queſti appunto ſono proporziona-
li
ai quadrati delle linee mn, BC.
Voi, diſſi io al-
lora
, avete inteſo le due precipue leggi della gra-
vità
, da cui ſi derivano tutte le altre.
Or vi par’
egli
, che v’ abbia alcuna parte la forza viva?
A
me
par, diſſe il Signor Marcheſe, che la potenza
producitrice
del movimento, e l’ inerzia vi faccia-
no
ogni coſa;
poichè ſe la gravità nel principio d’
ogni
tempetto produce un picciolo movimento, e
l’
inerzia poi lo conſerva, ſeguir ne dee tutto quel-
lo
, che abbiamo detto;
ne potrebbe introdurviſi
veruna
altra forza ſe non per corteſia.
Sebbene io
ho
ſentito dire, che i Leibniziani, introduttori
della
forza viva, non tanto ſi fermano a conſide-
rare
il corpo, allorchè cade, ma molto più, quan-
do
ſale, dicendo che ſe egli venga ſpinto all’ insù
con
quella velocità, che avea, cadendo, acquiſ-
tata
, riconduceſi alla ſteſſa altezza nello ſteſſo tem-
po
.
Ma prima che noi entriamo a dir di ciò, pia-
cemi
intender da voi alcune coſe intorno la ca-
duta
, non perchè io non ne abbia inteſo quanto
era
d’ uopo al propoſito noſtro, ma perchè deſi-
dero
intenderne anche più.
E ſe noi ci allonta-
niamo
alcun poco dalla quiſtione della forza vi-
va
, ciò che è a noi?
potremo ritornarvi, come
vorremo
.
Ne è neceſſario, riſpoſi io, che il vo
gliamo
;
perchè già ne abbiamo detto, quanto a
voi
può baſtare, e dee.
Di queſto anche, riſpo.
ſe il Signor Marcheſe, diremo poi. Intanto io vi
prego
levarmi un dubio.
Voi avete detto,

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