1Due Nuove Scienze scrive del suono, e meglio dalle teorie acustiche da lui
stesso professate, che riguardò le onde sonore diffondersi meccanicamente a
quel modo che si diffondono gl'increspamenti sulla superficie di un'acqua
tranquilla intorno al centro della percossa. La somiglianza però (e da que
sto principalmente nacque l'inganno di Galileo e de'suoi discendenti) non
è che apparente, perchè mentre nell'acqua l'impulso al moto consiste nel
peso, nell'aria invece consiste tutto nell'elaterio.
stesso professate, che riguardò le onde sonore diffondersi meccanicamente a
quel modo che si diffondono gl'increspamenti sulla superficie di un'acqua
tranquilla intorno al centro della percossa. La somiglianza però (e da que
sto principalmente nacque l'inganno di Galileo e de'suoi discendenti) non
è che apparente, perchè mentre nell'acqua l'impulso al moto consiste nel
peso, nell'aria invece consiste tutto nell'elaterio.
Il Frisi, ch'è pure il più assennato fra quanti scrissero l'Elogio di Ga
lileo, fu primo a notare che nel I Dialogo delle Nuove Scienze l'Autore,
come non aveva ben conosciuto nè la pressione nè il peso dell'aria, così
non parve che si fosse formata una giusta idea neppure dell'elasticità.
(Elog. del Gal., Livorno 1775, pag. 76). Non par credibile che così fatti giu
dizi sieno usciti dalla penna di chi, citando quel I Dialogo galileiano, doveva
aver letta l'esperienza del fiasco di vetro, dentro al quale condensata l'aria
con uno schizzatoio, diceva il Salviati di aver trovato lo stesso fiasco sulla
bilancia esser notabilmente cresciuto di peso (Alb. XIII, 81). Quanto è falso
però quel che asserisce il Frisi rispetto alla pressione e al peso dell'aria,
altrettanto è giusto per quel che riguarda l'elasticità, la quale non par che
fosse veramente conosciuta, e in ogni modo è certo che non fu applicata,
nè da Galileo nè da'Discepoli di lui più prossimi, al moto e alla diffusione
ondosa del suono.
lileo, fu primo a notare che nel I Dialogo delle Nuove Scienze l'Autore,
come non aveva ben conosciuto nè la pressione nè il peso dell'aria, così
non parve che si fosse formata una giusta idea neppure dell'elasticità.
(Elog. del Gal., Livorno 1775, pag. 76). Non par credibile che così fatti giu
dizi sieno usciti dalla penna di chi, citando quel I Dialogo galileiano, doveva
aver letta l'esperienza del fiasco di vetro, dentro al quale condensata l'aria
con uno schizzatoio, diceva il Salviati di aver trovato lo stesso fiasco sulla
bilancia esser notabilmente cresciuto di peso (Alb. XIII, 81). Quanto è falso
però quel che asserisce il Frisi rispetto alla pressione e al peso dell'aria,
altrettanto è giusto per quel che riguarda l'elasticità, la quale non par che
fosse veramente conosciuta, e in ogni modo è certo che non fu applicata,
nè da Galileo nè da'Discepoli di lui più prossimi, al moto e alla diffusione
ondosa del suono.
Il Porta, nel suo libro I degli Spiritali, descrive fra le altre esperienze
pneumatiche quella dell'archibugio di ferro, dentro il quale “ se alcuno
metterà la verga nel suo cavo di mezzo, la cui punta sia bagnata d'olio ....
e col suo dito si otturi lo spiraglio per dove si dà foco che non fugga l'aria,
di là vedremo per esperienza che con molta forza ci ficcaremo la verga den
tro, perchè l'aria si viene a condensare e a restringere in sè medesima, e
quando per forza non vi potrà più entrar dentro lascieremo libera la verga,
allora verrà fuori con grande strepito e violenza e balzerà di molto di lon
tano ” (Napoli 1606, pag. 17). Il Castelli poi, nel corollario XI al I Trat
tato della Misura elle acque correnti, dop'aver detto che l'acqua non si
comprime nè ha molla da ritornare come la bambagia o la lana o come
l'aria, cita l'Archibugio a vento inventato a'nostri tempi da M. Vincenzo
Vincenti urbinate (Bologna 1660, pag. 19) che è l'applicazione immediata
dell'esperienza descritta dal Porta.
pneumatiche quella dell'archibugio di ferro, dentro il quale “ se alcuno
metterà la verga nel suo cavo di mezzo, la cui punta sia bagnata d'olio ....
e col suo dito si otturi lo spiraglio per dove si dà foco che non fugga l'aria,
di là vedremo per esperienza che con molta forza ci ficcaremo la verga den
tro, perchè l'aria si viene a condensare e a restringere in sè medesima, e
quando per forza non vi potrà più entrar dentro lascieremo libera la verga,
allora verrà fuori con grande strepito e violenza e balzerà di molto di lon
tano ” (Napoli 1606, pag. 17). Il Castelli poi, nel corollario XI al I Trat
tato della Misura elle acque correnti, dop'aver detto che l'acqua non si
comprime nè ha molla da ritornare come la bambagia o la lana o come
l'aria, cita l'Archibugio a vento inventato a'nostri tempi da M. Vincenzo
Vincenti urbinate (Bologna 1660, pag. 19) che è l'applicazione immediata
dell'esperienza descritta dal Porta.
Nonostante tutto questo, quando il Pecquet pubblicò insiem con le sue
l'esperienze fatte dall'Auzout e dal Robervall nel vuoto torricelliano, si com
piacque di aver egli e i suoi illustri colleghi dimostrato per i primi riseder
nell'aria un'innata e spontanea tendenza d'espander la sua mole, diminuita
la pressione esterna; tendenza e sforzo da essi chiamato forza elastica. Re
clamò contro i vanti del Pecquet il nostro Tommaso Cornelio rivendicando
a sè l'anteriorità di quella scoperta, nè concedendo altro merito ai fisici pa
rigini da quello in fuori di aver trovato il nome da significare quella innata
proprietà dell'aria. “ Memini me olim (scriveva lo stesso Cornelio nel 1682)
l'esperienze fatte dall'Auzout e dal Robervall nel vuoto torricelliano, si com
piacque di aver egli e i suoi illustri colleghi dimostrato per i primi riseder
nell'aria un'innata e spontanea tendenza d'espander la sua mole, diminuita
la pressione esterna; tendenza e sforzo da essi chiamato forza elastica. Re
clamò contro i vanti del Pecquet il nostro Tommaso Cornelio rivendicando
a sè l'anteriorità di quella scoperta, nè concedendo altro merito ai fisici pa
rigini da quello in fuori di aver trovato il nome da significare quella innata
proprietà dell'aria. “ Memini me olim (scriveva lo stesso Cornelio nel 1682)