1Aristotile era immeritata, imperocchè moltissime delle cose scritte
da lui son desunte da più antichi filosofi, specialmente pitagorici,
e altrove più ricisamente soggiunge che Aristotile stesso ne'suoi
libri poco o nulla ha del suo.
da lui son desunte da più antichi filosofi, specialmente pitagorici,
e altrove più ricisamente soggiunge che Aristotile stesso ne'suoi
libri poco o nulla ha del suo.
Da ciò è facile intravedere la risoluzione presa dal Filosofo
dalmata di rivolgersi ad altre scuole e con preferenza alla pitagorica
e alla platonica, o meglio di speculare colla sua propria ragione,
piuttosto che con quella del preteso maestro di coloro che sanno.
Una tal animosa risoluzione viene eloquentemente espressa dal
l'Autore in quella Apologia, che egli scrisse contro un tal Teodoro
Angeluzio, che s'era accanitamente posto contro i nuovi insorti a
difendere il sacro regno peripatetico. “ Ma regnate, egli dice in la
tino eloquio, regnate, infintanto che a voi è lecito o piace. Noialtri
omiccioli lasciateci vivere, lasciateci spirar quest'aure, che sono a
tutti comuni, permetteteci sentimenti e idee, che non sieno aristo
teliche. Non ci disprezzate, non ci avventate ingiurie, non carica
teci di calunnie. Non vi adirate con noi, perchè non guardiamo ai
medesimi obietti e non accolghiamo i medesimi responsi. Permet
teci poter esser platonici, se vogliamo, e in Filosofia piuttosto amici
a Plotino a Proclo a Damascio, che a que'vostri omaccioni, Averrois,
Duns, Janduno, Tartareto, e simili altre filosofiche quisquiglie. Per
metteteci di pensare anche qualche cosa col nostro ingegno, tenue
sì ma libero. Non ci siate tiranni nè vogliate implicarci nelle reti
delle vostre contenzioni o avvolgerci fra le tenebre de'vostri dom
mi ” (Ferrariae, 1584, pag. 4).
dalmata di rivolgersi ad altre scuole e con preferenza alla pitagorica
e alla platonica, o meglio di speculare colla sua propria ragione,
piuttosto che con quella del preteso maestro di coloro che sanno.
Una tal animosa risoluzione viene eloquentemente espressa dal
l'Autore in quella Apologia, che egli scrisse contro un tal Teodoro
Angeluzio, che s'era accanitamente posto contro i nuovi insorti a
difendere il sacro regno peripatetico. “ Ma regnate, egli dice in la
tino eloquio, regnate, infintanto che a voi è lecito o piace. Noialtri
omiccioli lasciateci vivere, lasciateci spirar quest'aure, che sono a
tutti comuni, permetteteci sentimenti e idee, che non sieno aristo
teliche. Non ci disprezzate, non ci avventate ingiurie, non carica
teci di calunnie. Non vi adirate con noi, perchè non guardiamo ai
medesimi obietti e non accolghiamo i medesimi responsi. Permet
teci poter esser platonici, se vogliamo, e in Filosofia piuttosto amici
a Plotino a Proclo a Damascio, che a que'vostri omaccioni, Averrois,
Duns, Janduno, Tartareto, e simili altre filosofiche quisquiglie. Per
metteteci di pensare anche qualche cosa col nostro ingegno, tenue
sì ma libero. Non ci siate tiranni nè vogliate implicarci nelle reti
delle vostre contenzioni o avvolgerci fra le tenebre de'vostri dom
mi ” (Ferrariae, 1584, pag. 4).
Da così fatte parole del Patrizio, come da altre simili che si
potrebbero citar dal Telesio, si sentono spirar con impeto le aure
della libertà, ma quell'impeto è temperato, e se fa piegar gagliar
damente le fronde, pur non le schianta. Non è così de'due altri
insorti a detronizzare Aristotile poco dopo i tempi del filosofo con
sentino e del dalmata. Essi sono due frati, che perciò ingaggiano
una doppia battaglia, contro i Filosofi e contro i Teologi dei loro
tempi e hanno fieramente impugnato le armi contro due regni fra
sè confederati: quello del Peripato e quello della Scolastica. L'uno
di que'due, nato a Nola, verso la metà del secolo XVI, e spento
nel 1600 per morte violenta, è il celebre Giordano Bruno, l'altro,
nato in Stilo di Calabria e che passò molta parte della vita, decor
sagli dal 1568 al 1639, nel fondo di una carcere, è il non men ce
lebre Tommaso Campanella. Son due fieri ingegni: lo spirito di li
bertà soffia dal loro petto, colla furia incomposta dell'uragano, per
potrebbero citar dal Telesio, si sentono spirar con impeto le aure
della libertà, ma quell'impeto è temperato, e se fa piegar gagliar
damente le fronde, pur non le schianta. Non è così de'due altri
insorti a detronizzare Aristotile poco dopo i tempi del filosofo con
sentino e del dalmata. Essi sono due frati, che perciò ingaggiano
una doppia battaglia, contro i Filosofi e contro i Teologi dei loro
tempi e hanno fieramente impugnato le armi contro due regni fra
sè confederati: quello del Peripato e quello della Scolastica. L'uno
di que'due, nato a Nola, verso la metà del secolo XVI, e spento
nel 1600 per morte violenta, è il celebre Giordano Bruno, l'altro,
nato in Stilo di Calabria e che passò molta parte della vita, decor
sagli dal 1568 al 1639, nel fondo di una carcere, è il non men ce
lebre Tommaso Campanella. Son due fieri ingegni: lo spirito di li
bertà soffia dal loro petto, colla furia incomposta dell'uragano, per