Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              <s>
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              tutto in una stanza, benchè non v'abbia adito che per una piccola finestra
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              aperta, perchè comunicandosi insieme l'aria le onde interne ricevono i primi
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              impulsi al moto da quelle che v'entrano dal di fuori. </s>
              <s>Ma se la finestra è
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              chiusa? </s>
              <s>se anzi è murata? </s>
              <s>il suono, benchè sia interclusa ogni comunica­
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              zione fra l'aria interna e l'esterna, passa ancora attraverso il muro, nè si
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              trova detta di ciò la ragione in nessun de'Teoremi neutoniani. </s>
              <s>Eppure si
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              mostrarono curiosi di saperla anche gli antichi, e Seneca fra gli altri, con­
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              siderando che il muro è poroso e che l'aria, sottilissimo spirito, vi s'insi­
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              nua assai facilmente, trovò nell'aria stessa ivi dentro insinuata la continuità
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              necessaria al libero trapassare del suono. </s>
              <s>“ Vox, qua ratione per parietum
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              munimenta transmittitur? </s>
              <s>nisi quod solido quoque aer inest, qui sonum
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              extrinsecus missum et accipit et remittit ” (Naturalium quaestionum li­
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              bri VII, Aldus Venetiis 1522, c. </s>
              <s>13). </s>
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              <s>Era facile però avvedersi che non poteva esser questa addotta da Se­
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              neca la ragion vera del fatto, perchè il suono dovrebbe tanto più facilmente
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              avere il transito, quanto l'ostacolo fosse più poroso, o contenesse maggior
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              copia d'aria rinchiusa, ciò che l'esperienze dimostrano esser falso. </s>
              <s>Persuaso
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              di ciò il Grimaldi ebbe a concluderne che non era possibile spiegare il fatto
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              altrimenti, che ammettendo nella voce di un che parla dentro una stanza
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              la virtù di far vibrare il muro e di trasmettere all'aria dell'altra stanza at­
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              tigua le vibrazioni sincrone a quelle ricevute e produttrici perciò de'mede­
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              simi suoni. </s>
              <s>“ Si non admittatur aliquis motus in muris praedictis, vel in
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              substantia per eos diffusa, non video quomodo concipiendus sit fieri alius
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              motus in aere post murum consequente. </s>
              <s>Motus enim non communicatur
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              mobili nisi per motum medii si hoc intercedat ” (De lum. </s>
              <s>cit., pag. </s>
              <s>391). </s>
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              <s>Queste dottrine, che non fa maraviglia se parvero strane ai tempi del­
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              l'Autore, avrebbero trovato ora la più bella dimostrazione e la più valida
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              conferma ne'modi d'operar del Telefono e del Fonografo, se come una sot­
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              tile laminetta metallica fosse così gelosa in sentire i tremori leggerissimi del­
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              l'aria la mole solidissima di un muro. </s>
              <s>È perciò che il Grimaldi raccoglie
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              insieme le forze a difender le sue dottrine, le quali prevedeva che sareb­
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              bero assalite da questa parte, facendo opportunamente osservare che basta
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              una minima forza ad eccitare e a diffondere i tremori armonici nel più pon­
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              deroso corpo, e nel più duro che sia. </s>
              <s>Così a solo strisciar la punta di uno
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              spillo s'ode fremer nel suono il bronzo di una campana, e le barbe di una
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              penna fregate in capo a una lunghissima trave fan sentire il fruscio a chi
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              tiene applicato l'orecchio all'estremità opposta. </s>
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              <s>Altro esempio di questa maravigliosa facilità di trasmettere i suoni, da
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              una forza debolissima, lo ritrova il Grimaldi in un fatto, di che dice esser
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              soliti di pigliare esperienza i soldati, i quali argomentano dal vibrar di un
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              pendolo posato sopra la pelle di un tamburo, il calpestar de'cavalli dell'eser­
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              cito nemico, che s'avanzano talvolta parecchie miglia di lontano. </s>
              <s>“ Plura in
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              rem praesentem experimenta afferre censeo.... Unum tamen prae caeteris
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              non possum non indicare. </s>
              <s>Fertur consuetum esse militibus ut, si quando </s>
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