II.
Sembrava che così fatte nuove e curiose esperienze non fosse possibile
d'eseguirle, senza l'uso della Macchina pneumatica, o almeno dello stru
mento torricelliano: eppure, in quel tempo che disputavasi ancora con tanto
ardore se si dava o no il vuoto in Natura, e che si credeva da'Filosofi do
ver senza il mezzo dell'aria tutto il mondo creato rimanersi fra le tenebre
e immoto; un gentiluomo veneziano che dilettavasi di questi studii, traspor
tatovi dal proprio genio e dall'amicizia che teneva con Galileo, riusci a di
mostrare sperimentalmente e senz'uso degli strumenti inventati poi per
fare il vuoto, che senz'aria nella Natura veramente regnerebbe il più alto
silenzio.
d'eseguirle, senza l'uso della Macchina pneumatica, o almeno dello stru
mento torricelliano: eppure, in quel tempo che disputavasi ancora con tanto
ardore se si dava o no il vuoto in Natura, e che si credeva da'Filosofi do
ver senza il mezzo dell'aria tutto il mondo creato rimanersi fra le tenebre
e immoto; un gentiluomo veneziano che dilettavasi di questi studii, traspor
tatovi dal proprio genio e dall'amicizia che teneva con Galileo, riusci a di
mostrare sperimentalmente e senz'uso degli strumenti inventati poi per
fare il vuoto, che senz'aria nella Natura veramente regnerebbe il più alto
silenzio.
L'inaspettato esperimento non veniva suggerito dal caso, ma da una
speculazione condotta a fil di severa logica, benchè avesse per fondamento
la immaginata teoria degl'ignicoli, i quali in uno spazio riscaldato sotten
trano d'ogni parte a riempirlo in luogo dell'aria. Giovan Francesco Sagredo,
così dunque scriveva il dì 11 Aprile 1615 a Galileo, in proposito della co
struzione e del modo d'operar de'tubi termometrici: “ Alle fornaci di Mu
rano ho fatto fare un vaso di vetro con un palmo di collo, ed essendo ben
caldo, l'ho fatto richiudere, sicchè tutto l'aere, che v'era dentro rinchiuso
pieno di calore, non potesse più uscire dopo raffreddato. E per conseguenza,
uscito lo spirito igneo e restatoci dentro l'aere di ugual temperamento al
l'ambiente, persuasi chi erano presenti che dentro vi fosse pochissima aria
siccome al senso era manifesto che non vi fosse spirito igneo. Le prove fu
rono due: la prima che avendovi fatto rinchiudere dentro un sonaglio da
sparviero, questo mosso non faceva un suono esterno se non quanto per
coteva nel vetro, e per conseguenza faceva un suono esterno, il che fu as
sai facilmente creduto che non avvenisse per altro, che per lo mancamento
dell'aere nel vaso suddetto, e tanto più ch'essendosi rotto detto vaso si
trovò il sonaglio sonoro, secondo l'ordinario. La seconda perchè, avendo io
posto esso vaso col collo in una mastella d'acqua, con un ferro gentilmente
apersi la bocca, per la quale salendo entrò tant'acqua che pareva che vo
lesse riempire tutto il detto vaso ” (Alb. VIII, 372).
speculazione condotta a fil di severa logica, benchè avesse per fondamento
la immaginata teoria degl'ignicoli, i quali in uno spazio riscaldato sotten
trano d'ogni parte a riempirlo in luogo dell'aria. Giovan Francesco Sagredo,
così dunque scriveva il dì 11 Aprile 1615 a Galileo, in proposito della co
struzione e del modo d'operar de'tubi termometrici: “ Alle fornaci di Mu
rano ho fatto fare un vaso di vetro con un palmo di collo, ed essendo ben
caldo, l'ho fatto richiudere, sicchè tutto l'aere, che v'era dentro rinchiuso
pieno di calore, non potesse più uscire dopo raffreddato. E per conseguenza,
uscito lo spirito igneo e restatoci dentro l'aere di ugual temperamento al
l'ambiente, persuasi chi erano presenti che dentro vi fosse pochissima aria
siccome al senso era manifesto che non vi fosse spirito igneo. Le prove fu
rono due: la prima che avendovi fatto rinchiudere dentro un sonaglio da
sparviero, questo mosso non faceva un suono esterno se non quanto per
coteva nel vetro, e per conseguenza faceva un suono esterno, il che fu as
sai facilmente creduto che non avvenisse per altro, che per lo mancamento
dell'aere nel vaso suddetto, e tanto più ch'essendosi rotto detto vaso si
trovò il sonaglio sonoro, secondo l'ordinario. La seconda perchè, avendo io
posto esso vaso col collo in una mastella d'acqua, con un ferro gentilmente
apersi la bocca, per la quale salendo entrò tant'acqua che pareva che vo
lesse riempire tutto il detto vaso ” (Alb. VIII, 372).
La bella esperienza, così ben riuscita al Sagredo con tanto semplice
artificio, è notabile ripensando alle incertezze e ai tanti dubbii penosi, in che
lo Strumento torricelliano e la stessa Macchina pneumatica lasciarono poi i
Fisici, che si dettero così industriosamente a investigar que'medesimi ef
fetti. È celebre nella storia da noi già narrata la prima di così fatte inve
stigazioni tentata nel vuoto torricelliano da Gaspero Berti in Roma, investi
gazione che riuscì, come sappiamo, priva di effetto, perchè, ritirata la calamita
e cadendo perciò il martellino di ferro sul campanello, questo limpidissi-
artificio, è notabile ripensando alle incertezze e ai tanti dubbii penosi, in che
lo Strumento torricelliano e la stessa Macchina pneumatica lasciarono poi i
Fisici, che si dettero così industriosamente a investigar que'medesimi ef
fetti. È celebre nella storia da noi già narrata la prima di così fatte inve
stigazioni tentata nel vuoto torricelliano da Gaspero Berti in Roma, investi
gazione che riuscì, come sappiamo, priva di effetto, perchè, ritirata la calamita
e cadendo perciò il martellino di ferro sul campanello, questo limpidissi-