1duto questi tempi ugualissimi tra di loro. S. A. allora non mi disse se io
avevo risposto a'quesiti bene o male, ma la sera poi .... mi accertò che
nelle esperienze fatte e replicate due sere avanti con un pezzo a spingarda,
dalla Petraia, si era trovato seguire puntualmente che i tempi del piccolo
suono erano uguali a quelli del grande; che il vento che la seconda sera
tirava per scirocco non impediva o alterava di niente, e che gli spari fatti
per qualunque verso non facevano variazione nel tempo del moto di detti
suoni. ”
avevo risposto a'quesiti bene o male, ma la sera poi .... mi accertò che
nelle esperienze fatte e replicate due sere avanti con un pezzo a spingarda,
dalla Petraia, si era trovato seguire puntualmente che i tempi del piccolo
suono erano uguali a quelli del grande; che il vento che la seconda sera
tirava per scirocco non impediva o alterava di niente, e che gli spari fatti
per qualunque verso non facevano variazione nel tempo del moto di detti
suoni. ”
“ Non finirono qui l'instanze fattemi da S. A. che avanti io mi par
tissi .... mi domandò in ultimo quello che io avrei creduto che fossero per
riuscire i tempi di due suoni, cioè d'uno fatto in distanza di due miglia, e
di un altro fatto in doppia distanza. Risposi a questo che io ancora avevo
un tempo curiosità di chiarirmi se il moto del suono era in sè stesso di
velocità continuamente ritardata oppure equabile, perchè se si trovasse tale
mi pareva di cavarne conseguenze assai curiose e grandissime utilità. Su
questo mi astrinse a dirne quel ch'io ne credevo, perchè poi voleva farne
la prova. Risposi, veramente con troppo ardire, che in doppia distanza si
ricercherebbe doppio tempo per appunto, tenendo che il moto del suono in
sè stesso sia uniforme, cioè che, in quali si siano tempi uguali, passi spazii
uguali. Ma perchè sopra questo particolare ci avevo di nuovo speculato il
giorno avanti, e mi pareva d'aver più ragioni che mi persuadessero questo
che il contrario; però non messi in dubbio la risposta, e qui per allora finì
il discorso. ” (Antinori, Notizie Stor. relative all'Accad. del Cimento, Fi
renze 1841, pag. 51, 52).
tissi .... mi domandò in ultimo quello che io avrei creduto che fossero per
riuscire i tempi di due suoni, cioè d'uno fatto in distanza di due miglia, e
di un altro fatto in doppia distanza. Risposi a questo che io ancora avevo
un tempo curiosità di chiarirmi se il moto del suono era in sè stesso di
velocità continuamente ritardata oppure equabile, perchè se si trovasse tale
mi pareva di cavarne conseguenze assai curiose e grandissime utilità. Su
questo mi astrinse a dirne quel ch'io ne credevo, perchè poi voleva farne
la prova. Risposi, veramente con troppo ardire, che in doppia distanza si
ricercherebbe doppio tempo per appunto, tenendo che il moto del suono in
sè stesso sia uniforme, cioè che, in quali si siano tempi uguali, passi spazii
uguali. Ma perchè sopra questo particolare ci avevo di nuovo speculato il
giorno avanti, e mi pareva d'aver più ragioni che mi persuadessero questo
che il contrario; però non messi in dubbio la risposta, e qui per allora finì
il discorso. ” (Antinori, Notizie Stor. relative all'Accad. del Cimento, Fi
renze 1841, pag. 51, 52).
Proseguendo il racconto importante di questa storia soggiunge ivi il
Viviani che supposta l'equabilità del suono se ne caverebbero conseguenze
curiosissime e utilissime, delle quali fece per sua memoria una nota, ch'ei
lesse al principe Leopoldo e al Granduca. Questa nota autografa fu pure
pubblicata dall'Antinori a pag. 53 del Discorso citato, e porta scritta la data
del dì 10 Ottobre 1656. Ciò vuol dir che il Viviani suppone ancora quel che
dodici anni prima aveva dimostrato il Mersenno, e dà come invenzione re
pentinamente cadutagli in pensiero la soluzione di que'problemi relativi alla
misura delle distanze, ch'eran pur dodici anni prima, non solamente caduti
in pensiero, ma divulgati dallo stesso Mersenno. Questo sol si può dire che
a'tre problemi proposti come risolubili per via della velocità de'suoni a
pag. 139 della Ballistica mersenniana, il Viviani in quella sua Nota aveva
pensato di aggiungervene alcuni altri utili particolarmente alla Geografia.
Viviani che supposta l'equabilità del suono se ne caverebbero conseguenze
curiosissime e utilissime, delle quali fece per sua memoria una nota, ch'ei
lesse al principe Leopoldo e al Granduca. Questa nota autografa fu pure
pubblicata dall'Antinori a pag. 53 del Discorso citato, e porta scritta la data
del dì 10 Ottobre 1656. Ciò vuol dir che il Viviani suppone ancora quel che
dodici anni prima aveva dimostrato il Mersenno, e dà come invenzione re
pentinamente cadutagli in pensiero la soluzione di que'problemi relativi alla
misura delle distanze, ch'eran pur dodici anni prima, non solamente caduti
in pensiero, ma divulgati dallo stesso Mersenno. Questo sol si può dire che
a'tre problemi proposti come risolubili per via della velocità de'suoni a
pag. 139 della Ballistica mersenniana, il Viviani in quella sua Nota aveva
pensato di aggiungervene alcuni altri utili particolarmente alla Geografia.
Chi conosce l'indole di quell'uomo è ben persuaso ch'ei doveva es
sersi veramente incontrato ne'medesimi pensieri del Mersenno, senz'aver
letto il suo libro. In questa tranquilla persuasione d'essere stato il primo
ad applicare i suoni alla misura delle distanze, rimase il Viviani anche dieci
e più anni dopo avere scritta la sopra detta Nota, e ciò risulta non solo da
quel ch'egli affermò suo essere il concetto dell'equabilità de'suoni e de'loro
usi; suo il nuovo modo di misurare le distanze senza la vampa (MSS.
sersi veramente incontrato ne'medesimi pensieri del Mersenno, senz'aver
letto il suo libro. In questa tranquilla persuasione d'essere stato il primo
ad applicare i suoni alla misura delle distanze, rimase il Viviani anche dieci
e più anni dopo avere scritta la sopra detta Nota, e ciò risulta non solo da
quel ch'egli affermò suo essere il concetto dell'equabilità de'suoni e de'loro
usi; suo il nuovo modo di misurare le distanze senza la vampa (MSS.