Non è però, secondo pretendono i suoi adoratori, così di Gior
dano Bruno: egli è per essi il riformatore della nuova Astronomia.
Che il sole è una stella, che le stelle son soli, che le comete son
pianeti, che i travi sono asteroidi, son dottrine espressamente in
segnate dal gran filosofo nolano, e che i filosofi posteriori hanno
ritrovate e professate per vere, come tanti anni prima erano state
predicate da lui.
dano Bruno: egli è per essi il riformatore della nuova Astronomia.
Che il sole è una stella, che le stelle son soli, che le comete son
pianeti, che i travi sono asteroidi, son dottrine espressamente in
segnate dal gran filosofo nolano, e che i filosofi posteriori hanno
ritrovate e professate per vere, come tanti anni prima erano state
predicate da lui.
Noi, a tanto fulgore di scienza, ci sentiamo inchinare maravi
gliati le ciglia, e levandole poi in alto, domandiamo, con quella
libertà che ci è permessa da'nuovi evangelizzatori del libero esame:
in che modo scoperse il Bruno e annunziò tante astronomiche ve
rità? Certo egli dee essere stato un osservatore diligentissimo dei
fenomeni celesti, e un abilissimo sperimentatore. Ma nel fatto poi
quell'astronomo, che osservando un trave rasentare i tetti di Nola,
dal vederlo sorvolare alla cima del Monte Cicala, argomenta che
egli è animato e che si muove con ispontaneità di moto, scansando
gl'impedimenti come un uccello; ci riesce men che un fanciullo,
per non dire a dirittura che egli dee essere un gran matto. E quello
sperimentatore, il quale argomenta all'esistenza delle macchie cen
trali nel sole da ciò che si osserva in una sfera di ghiaccio, la
quale mostra più fosca nel centro che verso la periferia del cerchio
massimo di proiezione, è tale da dover tornare ancora sotto la di
sciplina del pedagogo, che gl'infonda un buon pizzico di sale a
condirgli il cervello.
gliati le ciglia, e levandole poi in alto, domandiamo, con quella
libertà che ci è permessa da'nuovi evangelizzatori del libero esame:
in che modo scoperse il Bruno e annunziò tante astronomiche ve
rità? Certo egli dee essere stato un osservatore diligentissimo dei
fenomeni celesti, e un abilissimo sperimentatore. Ma nel fatto poi
quell'astronomo, che osservando un trave rasentare i tetti di Nola,
dal vederlo sorvolare alla cima del Monte Cicala, argomenta che
egli è animato e che si muove con ispontaneità di moto, scansando
gl'impedimenti come un uccello; ci riesce men che un fanciullo,
per non dire a dirittura che egli dee essere un gran matto. E quello
sperimentatore, il quale argomenta all'esistenza delle macchie cen
trali nel sole da ciò che si osserva in una sfera di ghiaccio, la
quale mostra più fosca nel centro che verso la periferia del cerchio
massimo di proiezione, è tale da dover tornare ancora sotto la di
sciplina del pedagogo, che gl'infonda un buon pizzico di sale a
condirgli il cervello.
Nè scusa punto l'insipienza del Bruno il citar che fa Niccolò
da Cusa, come Autore della trovata rassomiglianza tra le macchie
del sole e ciò che si osserva dentro a una palla ghiacciata, non ve
dendosi come si possa spiegar con quella similitudine l'origine delle
macchie solari, secondo il concetto che se ne era formato il gran
filosofo nolano. Questi infatti dice essere il sole una lucerna a olio,
per cui sembrerebbe che, tutt'altro che riconoscere l'apparenza
delle macchie solari nell'analogia de'raggi rifranti in una palla di
ghiaccio, ne avesse dovuto ritrovar l'origine nella rassomiglianza
delle parti fosche e delle chiare, che sempre si osservano intorno
alle fiamme delle nostre lucerne. Questo stesso concetto infatti porse
occasione di filosofar sottilmente intorno all'origine e alla natura
delle macchie del sole a Benedetto Castelli, in una sua lettera a
Galileo (MSS. Gal. Divis. II, P. III, T. X, c. 55). Ma dal Castelli al
Bruno è un abisso di separazione, com'è tra il Bruno stesso e il
Keplero, vero distruttore delle fantastiche sfere aristoteliche, e tra
da Cusa, come Autore della trovata rassomiglianza tra le macchie
del sole e ciò che si osserva dentro a una palla ghiacciata, non ve
dendosi come si possa spiegar con quella similitudine l'origine delle
macchie solari, secondo il concetto che se ne era formato il gran
filosofo nolano. Questi infatti dice essere il sole una lucerna a olio,
per cui sembrerebbe che, tutt'altro che riconoscere l'apparenza
delle macchie solari nell'analogia de'raggi rifranti in una palla di
ghiaccio, ne avesse dovuto ritrovar l'origine nella rassomiglianza
delle parti fosche e delle chiare, che sempre si osservano intorno
alle fiamme delle nostre lucerne. Questo stesso concetto infatti porse
occasione di filosofar sottilmente intorno all'origine e alla natura
delle macchie del sole a Benedetto Castelli, in una sua lettera a
Galileo (MSS. Gal. Divis. II, P. III, T. X, c. 55). Ma dal Castelli al
Bruno è un abisso di separazione, com'è tra il Bruno stesso e il
Keplero, vero distruttore delle fantastiche sfere aristoteliche, e tra