1altri fatti più positivi di quel che non occorresse al Campanella e
al Bruno; e pur nonostante ei non lo disprezza come que'due frati,
e non gli avventa incontro titoli sì inverecondi. Anzi, se spesso lo
confuta, non di rado anco lo commenta, e talvolta altresì, genero
samente lo loda.
al Bruno; e pur nonostante ei non lo disprezza come que'due frati,
e non gli avventa incontro titoli sì inverecondi. Anzi, se spesso lo
confuta, non di rado anco lo commenta, e talvolta altresì, genero
samente lo loda.
Negheremo noi per questo ogni merito ai razionalisti? No: essi
hanno anzi un merito singolare e perciò unico, il merito di aver
riconosciuto e protestato come quel diritto, che aveva Aristotile, lo
avevano anch'essi e tutti i loro fratelli: il diritto di far uso della
propria ragione. Ecco da qual lato i razionalisti differiscono dai pe
ripatetici, ecco in che propriamente hanno merito d'esser detti
razionalisti. I peripatetici, accettando per vero, perchè dall'altra
parte era assai comodo, che la Natura si dovesse assettare ai cer
velli degli uomini, scelsero come misura d'ogni sapienza il più gran
cervello stimato da loro, che fu quello di Aristotile, e lo insignirono
di tanta autorità magistrale, che ogni questione, in fatto di cose
naturali, si decideva dagli oracoli e dai responsi di lui. I razionalisti
però si levarono a dire che quello di Aristotile non era poi quel
gran cervello che si credeva, e che ce n'erano o ce ne potevano
essere de'più sottili di lui, per cui uno per esempio citava il cer
vello di Platone, e un'altro, com'è più naturale, il cervello suo
proprio. Questi secondi furono de'più arditi e intesero a scuotere
il giogo di ogni autorità, per cui da molti sono stati encomiati e
benedetti. Non si accorgon però costoro, che scotendosi così anche
il giogo della Natura, e invece di assoggettarsi essi a lei, preten
dendo che ella debba assoggettarsi a loro, tornano perciò alla scienza,
lasciamo star la Religione e la Morale, più nocivi degli stessi pe
ripatetici.
hanno anzi un merito singolare e perciò unico, il merito di aver
riconosciuto e protestato come quel diritto, che aveva Aristotile, lo
avevano anch'essi e tutti i loro fratelli: il diritto di far uso della
propria ragione. Ecco da qual lato i razionalisti differiscono dai pe
ripatetici, ecco in che propriamente hanno merito d'esser detti
razionalisti. I peripatetici, accettando per vero, perchè dall'altra
parte era assai comodo, che la Natura si dovesse assettare ai cer
velli degli uomini, scelsero come misura d'ogni sapienza il più gran
cervello stimato da loro, che fu quello di Aristotile, e lo insignirono
di tanta autorità magistrale, che ogni questione, in fatto di cose
naturali, si decideva dagli oracoli e dai responsi di lui. I razionalisti
però si levarono a dire che quello di Aristotile non era poi quel
gran cervello che si credeva, e che ce n'erano o ce ne potevano
essere de'più sottili di lui, per cui uno per esempio citava il cer
vello di Platone, e un'altro, com'è più naturale, il cervello suo
proprio. Questi secondi furono de'più arditi e intesero a scuotere
il giogo di ogni autorità, per cui da molti sono stati encomiati e
benedetti. Non si accorgon però costoro, che scotendosi così anche
il giogo della Natura, e invece di assoggettarsi essi a lei, preten
dendo che ella debba assoggettarsi a loro, tornano perciò alla scienza,
lasciamo star la Religione e la Morale, più nocivi degli stessi pe
ripatetici.
Che sia anzi così di fatto, che cioè il razionalismo sia riuscito
più nocivo alle scienze sperimentali dello stesso peripaticismo, si
può vedere dai frutti. Imperocchè essendosi quello ribellato a ogni
autorità magistrale, rimase come un ramo reciso dall'albero di cia
scuna delle due scuole, della platonica e della aristotelica, e si rese
perciò incapace di menar frutti proprii dell'una e dell'altra. E quali
sono questi frutti? Lo dicemmo già di sopra: frutti del Peripato
sono i calcoli numerici e algebrici; e frutti dell'Accademia sono
la Geometria astratta e l'applicata. Ora è un fatto che dalla scuola
del razionalismo del Patrizio e del Bruno non uscì fuori nè un
geometra mai nè un algebrista.
più nocivo alle scienze sperimentali dello stesso peripaticismo, si
può vedere dai frutti. Imperocchè essendosi quello ribellato a ogni
autorità magistrale, rimase come un ramo reciso dall'albero di cia
scuna delle due scuole, della platonica e della aristotelica, e si rese
perciò incapace di menar frutti proprii dell'una e dell'altra. E quali
sono questi frutti? Lo dicemmo già di sopra: frutti del Peripato
sono i calcoli numerici e algebrici; e frutti dell'Accademia sono
la Geometria astratta e l'applicata. Ora è un fatto che dalla scuola
del razionalismo del Patrizio e del Bruno non uscì fuori nè un
geometra mai nè un algebrista.