1rappresentate dai due pianeti inferiori. Ma intanto il grande Astro
nomo prussiano che non ha ancora il minimo sentore di quelle
fisiche prove, si assicura di aver colto nel vero, scortovi unicamente
dalla Geometrizzante Natura, e si compiace di esser così riuscito a
risolvere il celebre problema pitagorico, proposto in così fatti ter
mini da Platone: “ quomodo per ordinatos circulares et æquales
motus salvari possunt phænomena. ”
nomo prussiano che non ha ancora il minimo sentore di quelle
fisiche prove, si assicura di aver colto nel vero, scortovi unicamente
dalla Geometrizzante Natura, e si compiace di esser così riuscito a
risolvere il celebre problema pitagorico, proposto in così fatti ter
mini da Platone: “ quomodo per ordinatos circulares et æquales
motus salvari possunt phænomena. ”
Sembrerebbe che un altro frutto allegato e maturato negli orti
di Academo, allato all'Astronomia copernicana, dovesse esser l'Ot
tica. Il carattere geometrico infatti di questa scienza persuase alcuni
autori a scrivere che ella fu coltivata principalmente dai discepoli
di Platone, e infatti dette opera a scriver dell'Ottica lo stesso
Euclide. Dell'Ottica però scrisse anche Tolomeo, le dottrine del
quale furono accolte e diffuse dall'arabo Alhazen, cosicchè può dirsi
che fosse questa scienza coltivata con egual profitto dalle due scuole.
Nè ciò fa maraviglia, perchè se la platonica s'aiutava della Geome
tria, l'aristotelica si giovava del principio dell'intromissione delle
specie nell'occhio, mentre il principio platonico dell'estramissione
impediva grandemente alla scienza di progredire. Di qui è che
s'intende come potesse avvantaggiarsi l'Ottica in Vilellione, il quale
ai placiti del Filosofo ateniese oppose la proposizione V del terzo
libro stampato per cura di Pietro Appiano in Norimberga nel 1551.
“ Impossibile est visum rebus visis applicari per radios ab oculis
egressos. ” Le prove di ciò addotte dall'Autore sono inoppugnabili.
Se i raggi visivi, egli dice, escon dall'occhio o son corporei o sono
incorporei. Se corporei, com'è possibile che lo spirito visivo si
diffonda così corporalmente infino alle più lontane stelle? se in
corporei, come possono far impressione corporale sopra gli organi
de'sensi?
di Academo, allato all'Astronomia copernicana, dovesse esser l'Ot
tica. Il carattere geometrico infatti di questa scienza persuase alcuni
autori a scrivere che ella fu coltivata principalmente dai discepoli
di Platone, e infatti dette opera a scriver dell'Ottica lo stesso
Euclide. Dell'Ottica però scrisse anche Tolomeo, le dottrine del
quale furono accolte e diffuse dall'arabo Alhazen, cosicchè può dirsi
che fosse questa scienza coltivata con egual profitto dalle due scuole.
Nè ciò fa maraviglia, perchè se la platonica s'aiutava della Geome
tria, l'aristotelica si giovava del principio dell'intromissione delle
specie nell'occhio, mentre il principio platonico dell'estramissione
impediva grandemente alla scienza di progredire. Di qui è che
s'intende come potesse avvantaggiarsi l'Ottica in Vilellione, il quale
ai placiti del Filosofo ateniese oppose la proposizione V del terzo
libro stampato per cura di Pietro Appiano in Norimberga nel 1551.
“ Impossibile est visum rebus visis applicari per radios ab oculis
egressos. ” Le prove di ciò addotte dall'Autore sono inoppugnabili.
Se i raggi visivi, egli dice, escon dall'occhio o son corporei o sono
incorporei. Se corporei, com'è possibile che lo spirito visivo si
diffonda così corporalmente infino alle più lontane stelle? se in
corporei, come possono far impressione corporale sopra gli organi
de'sensi?
In così argomentare, accenna il famoso Autore pollacco a una
questione, che teneva incerte tutte le scuole di que'tempi, ed è la
questione celebre della natura della luce, dalla soluzion della quale
dovevano dipendere le future sorti dell'Ottica.
questione, che teneva incerte tutte le scuole di que'tempi, ed è la
questione celebre della natura della luce, dalla soluzion della quale
dovevano dipendere le future sorti dell'Ottica.
Francesco Maurolico non riuscì a risolvere la difficile questione,
ma egli è nulladimeno il primo che preluda ai progressi dell'ottica
neutoniana. I Photismi de Lumine et umbra, ossia la Calottrica, e
i Diaphanorum partes ossia la Diottrica furono due libri scritti dal
l'Autore in sul finir della prima metà del secolo XVI, e nonostante
non videro la luce prima del 1611 in Napoli, quando i fisici si sen
tivan vivamente frugati dal desiderio d'intendere in che modo quei
ma egli è nulladimeno il primo che preluda ai progressi dell'ottica
neutoniana. I Photismi de Lumine et umbra, ossia la Calottrica, e
i Diaphanorum partes ossia la Diottrica furono due libri scritti dal
l'Autore in sul finir della prima metà del secolo XVI, e nonostante
non videro la luce prima del 1611 in Napoli, quando i fisici si sen
tivan vivamente frugati dal desiderio d'intendere in che modo quei