Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1e capricciose forme delle quali filosofiche nubi, i loro ammiratori
intravidero annunziate e scoperte verità, a quel modo che Leonardo
da Vinci intravedeva cavalli e cavalieri ordinati in battaglia, nei
muschi degli alberi, negli sputi e in altre macchie rimaste a caso
sull'intonaco dei muri.
IX.
Abbiamo fin qui parlato di scuole e di libri, e de'frutti di
scienza sperimentale raccolti dai loro insegnamenti.
Ma que'frutti,
a riguardarli bene, ci si trovan fra mano assai scarsi, e quei pochi
e de'migliori si son riconosciuti uscir da tutt'altra fonte che da
quella de'libri filosofici.
Si diceva già, in fin dai principii del no­
stro Discorso, che delle due Filosofie dominanti una rendeva inutile
e l'altra impossibile ogni arte sperimentale, per cui vedemmo il
Cardano principalmente e il Tartaglia entrar coi settatori della
scuola in isdegnoso dissidio.
Ben però più risentitamente erano già que'dissidii insorti nel­
l'animo di un'altra gente che, o dalle condizioni della nascita o dagli
esercizi della vita erano tenuti lontani dal partecipare ai puhblici
insegnamenti.
Amerigo Vespucci abbandona in gioventù la scuola
di umanità, per darsi alla mercanzia, e poi più tardi ai viaggi.
Egli
non ha perciò a che far nulla con la scuola de'filosofi, e anzi si fa
ardito di rinfacciare i loro errori “ Parmi, Magnifico Lorenzo, che
la maggior parte dei filosofi in questo mio viaggio sia reprobata,
che dicono che dentro della torrida zona non si può abitare a causa
del gran calore, e io ho trovato in questo mio viaggio essere il
contrario ” (Bandini, Vita e lettere di A. Vespucci, Firenze 1745,
pag.
73). Egli sa di scrivere in barbaro stile e fuori di ogni ordine
di umanità, e dà nonostante opera a scrivere un libro, che egli in­
titola le Quattro Giornate “ nel quale ho relato, egli dice, la maggior
parte delle cose, che io vidi assai distintamente .... Quivi dunque io
viddi molte altre stelle i varii movimenti delle quali diligentemente
osservando, ne composi assegnatamente un libro ” (ivi, pag.
18 e
115). Ei si compiace delle tante nuove cose scoperte, e ripensando
alle sterilità, e anzi agli errori in che versavano i filosofi in libris,
conclude essere certo che più vale la pratica che la teorica.

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