Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              <s>
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              Anicio Bonucci, non è più che un commentario assai magro del­
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              l'Ottica di Euclide, e tra que'Ludi stessi, che si leggono in fine di
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              questo Tomo, molti son quelli che si risentono de'difetti notati dal
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              Sagredo ne'Ludi del Porta. </s>
              <s>Anco l'VIII, che è del misurare la
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              profondità di qualunque mare, subodorato da Silvio Belli e pub­
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              blicato nel 1565 dai manoscritti albertiani, ha il difetto di riposar
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              sul principio dell'equabilità del moto de'gravi cadenti in mezzo al­
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              l'acqua, senza che l'Autore cerchi di assicurarsene in qualche modo,
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              per via dell'esperienza. </s>
              <s>È vero che l'esperienze dell'Oliva fatta di­
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              poi nell'Accademia del Cimento parvero essere favorevoli al prin­
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              cipio, dall'Alberti ammesso per vero, ma il Borelli poco dopo, nella
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              propos. </s>
              <s>246.
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              De motion. </s>
              <s>natur.,
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              dimostrò che la discesa da gravi e
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              l'ascesa de'galleggianti erano velocitate, confermando le teorie con
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              isperimenti ingegnosi. </s>
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              <s>Venne tempo però che, lasciata la curiosità delle cose nuove,
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              e la leggerezza degli spettacoli, si rivolse l'Alberti tutto alla Natura,
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              ed essa invocò ed elesse per sua principale Maestra. </s>
              <s>La nuova vo­
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              cazione incominciò dallo studio d'imitare coll'arte quella simmetria
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              ed eleganza di forma, che ella è solita dare alla fabbrica di tutte
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              le cose mondane. </s>
              <s>Leon Battista vien così a farsi autore di Archi­
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              tettura, non imitando servilmente, ma rinnovellando fibre e dando
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              altra forma di membra agli spiriti dell'antico Vitruvio. </s>
              <s>Ecco l'opera
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              dove propriamente il Nostro investiga le occulte cause, scioglie
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              questioni di fatti naturali e inventa strumenti facendo uso di quel­
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              l'arte, e proseguendo quello stesso metodo sperimentale, di cui il
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              regolare istituto dovea stabilirsi un secolo e mezzo dopo. </s>
              <s>Lo studio
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              intorno all'origine delle fonti e alle scaturigini delle acque, attri­
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              buite dal Nostro Autore all'umidità delle pioggie e delle nevi pe­
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              netrate nei crepacci e imbevute dai pori della terra, lo conduce
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              impensatamente a fare una nuova esperienza, e ad applicarla alla
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              costruzione di uno strumento, che egli offre qual primizia alla Me­
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              teorologia “ Noi abbiamo provato, egli scrive, che una spugna di­
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              venta umida per la umidità dell'aria e di qui caviamo una regola
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              da pesare, colla quale noi pesiamo quanto siano gravi e quanto
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              secchi i venti e l'aria ”. </s>
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              <s>Lo studio scientifico e sperimentale dei fatti meteorologici, che
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              l'Alberti iniziò colla invenzione dell'Igrometro, rimase così profon­
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              damente impresso d'un tal qual carattere di nazionalità, che la Me­
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              teorologia durò ad essere una scienza di special cultura italiana,
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