Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              <s>Chi pon mente a que'nudi, che nelle varie attitudini occorrono
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              a vedere per questi dipinti e per questi disegni; a quel gruppo di
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              cavalli e di cavalieri, che nella storia di Niccolò Piccinino si con­
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              tendono rabbiosamente una bandiera, e vede con qual verità sono
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              disegnate le masse muscolari, di cui si seguono con l'occhio nei
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              solchi le testure delle fibre e i complicati andamenti; dice: costui
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              è certamente maestro d'Anatomia descrittiva e d'Anatomia compa­
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              rata. </s>
              <s>Ma chi guarda nel ritratto di Mona Lisa que'lustri e quegli
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              acquitrini degli occhi, quei pori della pelle nelle guance e nel
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              volto, e la peluria leggerissima e delicata che n'esce, soggiunge,
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              non dover essere costui contento all'anatomia superficiale, ma dover
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              esser di più penetrato addentro a indagarne l'istologia. </s>
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              <s>Chi poi non guarda solamente con gli occhi, ma considera con
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              l'intelletto, avvedendosi bene che in que'volti son così vivamente
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              espressi gli interiori pensieri e le passioni e gli affetti, conclude
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              che l'Artefice deve essere entrato addentro a speculare le segrete
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              cause e gli organi, per cui l'interiore spirito si rivela al di fuori. </s>
              <s>
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              Il pittore da Vinci insomma si riconosce nelle opere sue per uno
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              che ha sperimentato e ha speculato, o che almeno ha grandissima
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              attitudine a sperimentare e a speculare intorno a ogni sorta di fatti
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              naturali. </s>
              <s>E così è veramente come lo attestano i documenti-che ci
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              son rimasti di lui. </s>
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              <s>Così fatti documenti, che non potrebbero essere per verità più
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              autentici, consistono nelle stesse carte di Leonardo scritte, per uno
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              de'soliti capricci degli artisti, alla rovescia. </s>
              <s>I biografi ce lo dipingono
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              con un lapis e un libretto pendenti dalla cintola, ad uso dei così
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              detti taccuini moderni, dov'egli andava notando tutto ciò che gli
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              occorreva di osservare, di sperimentare o di speculare via via. </s>
              <s>
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              Così fatti libretti, che si empivano rapidamente, vennero, in parte
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              dall'Autore stesso, e in parte dagli eredi di lui, in qualche modo
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              ordinati e rilegati in volumi, le prime vicende subìte dai quali son
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              narrate in quel documento, che da pag. </s>
              <s>130-33 si legge nelle
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              Me­
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              morie storiche
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              dell'Amoretti, (Milano, 1804). Per quel che riguarda
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              poi le ultime vicende, si sa come dalla Biblioteca Ambrosiana, fos­
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              sero quelle preziose carte rapite e trasportate a Parigi, dove a nostro
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              dispetto rimangono tuttavia. </s>
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              <s>Giorgio Vasari, del contenuto in quei volumi accennò a qual­
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              che cosa, non concernente però se non l'arte. </s>
              <s>Per quel che s'ap­
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              partiene alla scienza, si contentò di dire che Leonardo “ fra gli
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              altri tanti suoi capricci ebbe anco quello che, filosofando delle cose </s>
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