Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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Nelle ricerche laboriose di così fatti elementi fu questo propriamente il
processo tenuto da Galileo, del qual processo abbiam l'esempio in una Nota
pubblicata dall'Albèri, dove le misure del diametro di Giove si desumono
così variamente da due varie osservazioni: Supposto che AB (fig.
80) rap­
presenti il diametro di Giove, e CL il diametro del foro della lamina adat­
tata per l'una delle osservazioni, ch'è del 21 Gennaio 1612, Galileo trovava
145[Figure 145]
Figura 80.
che tra il diametro del Foro e la lun­
ghezza dell'asse del Canocchiale pas­
sava la relazione di 1 a 275: trovava,
per l'altra osservazione del dì 9 Giu­
gno, essere quella proporzione invece
di 1 a 291. Queste stesse proporzioni
poi, per la similitudine de'triangoli,
esiston pure tra AB, diametro di Giove,
e GE o AE o BE, che tutt'e tre si possono senza errore tener per eguali
e misuratrici della distanza del Pianeta da noi.
Perciò l'angolo AEB s'ha
dalla risoluzione del triangolo AEB, in cui son noti gli elementi a ciò ne­
cessarii.
“ Quia vero (inteso ciò, dice Galileo) Telescopium lineas multipli­
cat in rationem 18:1, fuit in prima observatione ratio distantiae a Terra
ad diametrum Stellae ut 4950:1; in altera vero ut 3238 ad 1. Reperitur ergo
per Tabulas sinium Jovis diametrum in prima observatione angul.
gr. 0°, 0′,
41″, 37tʹ in secunda vero subtendisse gr.
0°, 0′, 39″, 24tʹ (Alb. V. 176).
Trovato così il diametro di Giove, riduceva Galileo facilmente le distanze
angolari delle massime digressioni, misurate per mezzo della lamina micro­
metrica applicata al Canocchiale, in distanze lineari riferite allo stesso diame­
tro gioviale.
Così ad esempio, per il Pianeta più esterno, dice, nella III Let­
tera velseriana, di aver trovato quella distanza angolare 15 minuti (Alb.

III, 497, 98), ossia 900″ che divisi per 41 o per 39 davano due varie misure
delle massime digressioni di quel Satellite in diametri apparenti di Giove.
Or vediamo come, giunto a tale importantissimo passo, procedesse oltre
Galileo nelle sue investigazioni.
E per prima cosa è da osservar che i moti
de'Medicei non era possibile osservarli altrimenti, che per qualche artificio
simile a quello con cui gli Astronomi osservano i moti di Venere e di Mer­
curio, le orbite de'quali sono esterne alla Terra in quel modo che sono
esterne, perchè non la comprendono, le orbite de'Pianeti gioviali.
Perciò,
come in Venere e in Mercurio non si osservano gli archi delle orbite de­
scritte ne'loro moti, ma le proiezioni di essi archi o i seni; così misura­
bili, ne'Medicei, non sono altrimenti gli archi, ma i seni.
L'artificio dunque suggerito a Galileo dalla pratica degli Astronomi
precedenti consisteva in ciò: Posto per esempio 40″ il diametro apparente
di Giove, quale resultava dalla media delle due sopra riferite osservazioni,
e posto che la distanza angolare dal centro del Pianeta, nelle massime di­
gressioni del Satellite più esterno, fosse di 15′, come s'ha dalla citata Let­
tera solare, misurata quella massima digressione in diametri gioviali, trovava

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