Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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Il curioso fatto imparato nel dipingere la pupilla, invogliò forse
Leonardo
a penetrare più addentro all'anatomia dell'occchio, e ad
estrarlo
dal cadavere per sezionarlo.
In altro modo riuscirebbe assai
difficile
intendere com'egli vi avesse potuto scoprir l'inversioni delle
immagini
, a cui accenna nella nota seguente: “ Nessuno spazio di
minimo
corpo penetra nell'occhio che non si volti sottosopra.
No­
tabili
son poi le parole, colle quali prosegue e in che si studia di
risolvere
quel famoso problema, che ha tenuto gli ottici in così lungo
travaglio
, problema che è quello del vedersi da noi le immagini
dirette
, mentre sul fondo del nostro occhio son dipinte a rovescio.

Leonardo
n'esce da par suo ammettendo un'ipotesi assai strana.

Professando
le dottrine galeniche, secondo le quali la lente cristal­
lina
è la sede della visione, e ingannato forse da alcuni effetti ve­
duti
fare ai processi ciliari, credette che fosse a questi stessi com­
messo
l'ufficio di capovolgere la medesima lente cristallina, per cui
venissero
così a raddrizzarsi le immagini degli oggettie nel pe­
netrare
, (tali son le parole soggiunte alle precedenti citate), la spera
cristallina
ancora si rivolta sottosopra e così ritorna diritto lo spa­
zio
dentro all'occhio, com'era l'obietto di fuori dell'occhio.
(ivi,
pag
.
48). Da ciò dovette seguitar senza dubbio l'invenzione della
camera
ottica e l'applicazione ch'ei ne fa alla teoria della visione,
conforme
a ciò che leggesi in quell'altra nota trascritta e pubbli­
cata
già dal Venturi.
L'invenzione della camera oscura par dunque
certo
esser cosa appartenente a Leonardo, almeno per ciò che con­
cerne
l'applicazione di lei alla teorica del vedere: applicazione alla
quale
non poteva pensare l'Alberti, professando egli apertamente
le
dottrine platoniche de'raggi visivi che escon dagli occhi, e vanno
a
ricongiungersi col fuoco celeste, essendo parole espresse di lui
che
la visione si porge e distende verso la cosa visibile. (Op.
volg.
Firenze
, 1847, T. IV, pag.
100) e che il raggio della veduta esce
dall
'occhio di chi riguarda. (Archit.
Milano, 1833, pag. 362).

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