1gersi della pupilla, sotto le impressioni della varia intensità della
luce; fenomeno che non solo fu da Leonardo materialmente osser
vato, ma altresì filosoficamente illustrato, in ordine a ciò che con
cerne la teoria della visione. “ Questa nostra pupilla, ci lasciò scritto,
cresce e diminuisce secondo la chiarità o scurità del suo obietto,
e perchè con qualche tempo fa esso crescere o descrescere, esso
non vede così presto uscendo dal lume e andando all'oscuro, e
similmente dall'oscuro al luminoso, e questa cosa già m'ingannò
nel dipingere un occhio e di lì l'imparai. ” (Ivi, pag. 23).
luce; fenomeno che non solo fu da Leonardo materialmente osser
vato, ma altresì filosoficamente illustrato, in ordine a ciò che con
cerne la teoria della visione. “ Questa nostra pupilla, ci lasciò scritto,
cresce e diminuisce secondo la chiarità o scurità del suo obietto,
e perchè con qualche tempo fa esso crescere o descrescere, esso
non vede così presto uscendo dal lume e andando all'oscuro, e
similmente dall'oscuro al luminoso, e questa cosa già m'ingannò
nel dipingere un occhio e di lì l'imparai. ” (Ivi, pag. 23).
Il curioso fatto imparato nel dipingere la pupilla, invogliò forse
Leonardo a penetrare più addentro all'anatomia dell'occchio, e ad
estrarlo dal cadavere per sezionarlo. In altro modo riuscirebbe assai
difficile intendere com'egli vi avesse potuto scoprir l'inversioni delle
immagini, a cui accenna nella nota seguente: “ Nessuno spazio di sì
minimo corpo penetra nell'occhio che non si volti sottosopra. ” No
tabili son poi le parole, colle quali prosegue e in che si studia di
risolvere quel famoso problema, che ha tenuto gli ottici in così lungo
travaglio, problema che è quello del vedersi da noi le immagini
dirette, mentre sul fondo del nostro occhio son dipinte a rovescio.
Leonardo n'esce da par suo ammettendo un'ipotesi assai strana.
Professando le dottrine galeniche, secondo le quali la lente cristal
lina è la sede della visione, e ingannato forse da alcuni effetti ve
duti fare ai processi ciliari, credette che fosse a questi stessi com
messo l'ufficio di capovolgere la medesima lente cristallina, per cui
venissero così a raddrizzarsi le immagini degli oggetti “ e nel pe
netrare, (tali son le parole soggiunte alle precedenti citate), la spera
cristallina ancora si rivolta sottosopra e così ritorna diritto lo spa
zio dentro all'occhio, com'era l'obietto di fuori dell'occhio. ” (ivi,
pag. 48). Da ciò dovette seguitar senza dubbio l'invenzione della
camera ottica e l'applicazione ch'ei ne fa alla teoria della visione,
conforme a ciò che leggesi in quell'altra nota trascritta e pubbli
cata già dal Venturi. L'invenzione della camera oscura par dunque
certo esser cosa appartenente a Leonardo, almeno per ciò che con
cerne l'applicazione di lei alla teorica del vedere: applicazione alla
quale non poteva pensare l'Alberti, professando egli apertamente
le dottrine platoniche de'raggi visivi che escon dagli occhi, e vanno
a ricongiungersi col fuoco celeste, essendo parole espresse di lui
che la visione si porge e distende verso la cosa visibile. (Op. volg.
Firenze, 1847, T. IV, pag. 100) e che il raggio della veduta esce
dall'occhio di chi riguarda. (Archit. Milano, 1833, pag. 362).
Leonardo a penetrare più addentro all'anatomia dell'occchio, e ad
estrarlo dal cadavere per sezionarlo. In altro modo riuscirebbe assai
difficile intendere com'egli vi avesse potuto scoprir l'inversioni delle
immagini, a cui accenna nella nota seguente: “ Nessuno spazio di sì
minimo corpo penetra nell'occhio che non si volti sottosopra. ” No
tabili son poi le parole, colle quali prosegue e in che si studia di
risolvere quel famoso problema, che ha tenuto gli ottici in così lungo
travaglio, problema che è quello del vedersi da noi le immagini
dirette, mentre sul fondo del nostro occhio son dipinte a rovescio.
Leonardo n'esce da par suo ammettendo un'ipotesi assai strana.
Professando le dottrine galeniche, secondo le quali la lente cristal
lina è la sede della visione, e ingannato forse da alcuni effetti ve
duti fare ai processi ciliari, credette che fosse a questi stessi com
messo l'ufficio di capovolgere la medesima lente cristallina, per cui
venissero così a raddrizzarsi le immagini degli oggetti “ e nel pe
netrare, (tali son le parole soggiunte alle precedenti citate), la spera
cristallina ancora si rivolta sottosopra e così ritorna diritto lo spa
zio dentro all'occhio, com'era l'obietto di fuori dell'occhio. ” (ivi,
pag. 48). Da ciò dovette seguitar senza dubbio l'invenzione della
camera ottica e l'applicazione ch'ei ne fa alla teoria della visione,
conforme a ciò che leggesi in quell'altra nota trascritta e pubbli
cata già dal Venturi. L'invenzione della camera oscura par dunque
certo esser cosa appartenente a Leonardo, almeno per ciò che con
cerne l'applicazione di lei alla teorica del vedere: applicazione alla
quale non poteva pensare l'Alberti, professando egli apertamente
le dottrine platoniche de'raggi visivi che escon dagli occhi, e vanno
a ricongiungersi col fuoco celeste, essendo parole espresse di lui
che la visione si porge e distende verso la cosa visibile. (Op. volg.
Firenze, 1847, T. IV, pag. 100) e che il raggio della veduta esce
dall'occhio di chi riguarda. (Archit. Milano, 1833, pag. 362).