Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              <s>Delle molte altre scoperte o speculazioni di Fisica, e osserva­
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              zioni di Storia naturale, occorrerà via via di far parola per entro
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              ai volumi che si parano innanzi agli occhi dei nostri lettori; sco­
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              perte che Leonardo faceva non consultando libri, ma direttamente
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              interrogando la stessa Natura per via dell'esperienza. </s>
              <s>Che tale fosse
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              l'indole e il metodo seguito dall'Autore, noi lo abbiamo fin qui
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              argomentato dai fatti, e sono i nostri argomenti confermati dalle
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              stesse parole di lui, che egli scrive contro l'arroganza dei filosofi
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              in libris.
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              “ Molti mi crederanno ragionevolmente, egli nota, poter
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              riprendere allegando le mie prove esser contro all'antorità di al­
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              quanti uomini di gran riverenza appresso de'loro inesperti giudizii,
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              non considerando le mie cose essere nate sotto la semplice espe­
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              rienza, la quale è maestra vera. </s>
              <s>” (Richter, ivi, pag. </s>
              <s>15). </s>
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              <s>E che veramente potesse l'esperienza, assai meglio de'libri,
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              condurre Leonardo alla scoperta della camera ottica, e l'osserva­
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              zione rivelargli la fillotassi, come altresì que'molti e varii fatti na­
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              turali, che si leggon notati qua e là ne'suoi Manoscritti, è cosa
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              facilissima a comprendersi da tutti. </s>
              <s>Nè difficile è pure intendere
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              come l'osservazione stessa e la propria esperienza potessero con­
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              durlo a scoprir quella legge fondamentale, che governa il moto
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              dell'acque, a cui, per la stessa via, eran giunti Frontino, i Pretori
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              romani, e più recentemente l'Alberti; legge, dalla quale, filosofando
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              e sperimentando, non difficilmente si sarebbero svolti nell'ingegno
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              di Leonardo que'teoremi, che raccolti insieme e ordinati, compon­
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              gono quel Trattato idraulico, il quale va sotto il nome di lui. </s>
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              <s>Ma non sempre le note che ricorrono per i manoscritti vin­
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              ciani versano circa a soggetti di Fisica sperimentale, o di Storia na­
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              turale, o di Meccanica pratica. </s>
              <s>La miglior parte e più importante
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              di quelle note contiene dimostrazioni di Meccanica razionale, alle
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              quali non sarebbe potuto Leonardo riuscire in qualche modo, sen­
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              z'esservisi prima preparato con discipline e con istudii, che non
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              si apprendono se non dalla lettura dei libri o dalla voce dei mae­
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              stri. </s>
              <s>Luca Paciolo, amico suo, gli dovett'essere, senza dubbio, nelle
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              Matematiche di grande aiuto, e l'Amoretti a pag. </s>
              <s>86 delle citate
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              Memorie
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              fa menzione di una scrittura del Nostro, nella quale ri­
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              chiede l'Archimede del vescovo di Padova. </s>
              <s>Per ciò a noi sembra
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              ragionevolissimo il credere che il Matematico di Siracusa colla let­
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              tera morta, e il Matematico del Borgo colla parola viva, iniziassero
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              l'ingegno di Leonardo a intendere le proposizioni della Geometria
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              e al farne l'applicazione ai teoremi della Meccanica. </s>
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