Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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Comparve nel 1609 un genio o che altro si fosse, di nazione olandese,
il
quale capitò in Middelburgo, città della Zelanda, alla bottega di Giovanni
Lipperseim
, unico artefice di occhiali che si ritrovasse allora in quella città.

Quell
'olandese ordinò all'occhialaio alcuni vetri, così concavi come convessi,
e
il stabilito tornò per veder se il lavoro era fatto.
L'occhialaio allora
presentò
i vetri bell'e fatti a quell'uomo, che si mise a specularli attraverso
alla
mira dell'occhio, ora avvicinandoli ora dilungandoli, o ciò egli facesse
per
far prova della bontà del lavoro, o per trovare il giusto punto del con­
corso
.
Così fatto, pagò l'artefice e se ne andò. Ma quell'artefice stesso, che
era
d'ingegno acuto e molto curioso di novità, incominciò a imitare il giuoco
veduto
fare a quell'uomo, e così gli occorse, nello speculare attraverso a
que
'vetri concavi e convessi, di vedere gli oggetti ingranditi, per cui pensò
di
sostenerli congiunti insieme per mezzo di un tubo.
Così vennegli fatto il
primo
Telescopio che volò subito a mostrarlo al principe Maurizio.
Il Prin­
cipe
, o l'avesse veduto prima o no, pensò subito di servirsene agli usi della
milizia
, per cui voleva tenere la cosa occulta, ma divulgatasi comunque si
fosse
, si presero a fare di simili altri strumenti, benchè, come questo pre­
sentato
al principe Maurizio, non fossero riusciti così perfetti.
Dicevasi che
in
antico non fosse questa invenzione conosciuta da nessuno, e che comin­
ciasse
allora, ma pure il Porta ne aveva fatto un cenno nel suo libro della
Magia, ed era opinione di molti, che ne discorrevano alla mia presenza, non
esser
molto difficile a chi avesse qualche po'd'ingegno, udito il fatto, imi­
tarlo
.
Concorsero molti attratti dalla cupidità del guadagno, così Belgi che
Francesi
e Italiani, e tutti se ne spacciavano inventori.
Nel mese di Maggio
capitò
in Milano un Francese che presentò uno di così fatti Telescopi al
conte
De Fuentes, dicendo esser socio d'industria di un Olandese, che della
costruzione
dello strumento era stato primo autore.
Avendolo il Conte dato
a
un orefice perchè legasse quelle lenti in un tubo di argento, venne così
per
caso a capitare alle mie mani: lo smontai, lo esaminai e mi detti a
fabbricarne
di simili (Telescop.
P. I, Cap. I, Francof. 1618, pag. 23, 24).
Si vede che al Tarde non era ancora capitato in mano questo libro del
nostro
Milanese quando nella Borbonia Sidera, libro stampato in Parigi
nel
1620, scriveva: “ Miror ego neminem adhuc quem viderim, huius tubi
Dioptrici
inventoris nomen in publicum edidisse, nec modum quo in inve­
niendo
usus est docuisse.
Meretur enim nobilitate decorari et laudibus or­
nari
, qui sensum omnium nobilissimum docuit ita iuvari (ibi, pag.
85).
A sodisfar poi meglio ai generosi desiderii del Tarde soccorse il Rheita,
il
quale narra come Giovanni Lippens, occhialaio di Zelanda, s'abbattesse

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