1Platone che del nostro scientifico progresso si dee da noi riguardare
qual efficacissimo promotore e maestro.
qual efficacissimo promotore e maestro.
Socrate gli educò, nella patria Atene, il cuore e la mente. E
chi era Socrate? — Io son figlio, ei risponde nel Teeteto appresso
lo stesso Platone, di una valentissima levatrice, che si chiama Fe
narete, e anch'io, come lei, esercito questa medesima arte. Infe
condo per me stesso, ostetrico i parti altrui e gli educo alla luce. —
Se gli avesse alcuno domandato quali precetti gli fosse bisognato
osservare per conseguire la moralità e la scienza, compendiosamente
rispondeva conosci te stesso. Platone dunque si fece imitatore fede
lissimo di quell'arte ostetrica, e osservatore diligentissimo di quel
precetto, per cui, sebbene sia sembrato che il Reid e i pedagogisti
moderni abbiano ora nuovamente e per i primi introdotto nella
psicologia il metodo dell'osservazione sperimentale; quel metodo
nonostante è antichissimo, e quasi un eco del socratico responso.
Non riuscirà perciò cosa di meraviglia a nessuno quella, che saremo
ora per profferire, ed è questa: che le platoniche dottrine sono una
viva espressione e uno splendidissimo dramma, che rappresenta in
atto lo stato e le condizioni della mente dell'uomo, nel primo
acquisto delle verità naturali, secondo ci risultava dall'osservare i
fatti del bambinello, che di poco ha passato quaranta giorni. Anche
egli infatti, Platone, ammette che primo maestro all'uomo non è
che Dio, l'esistenza del quale, nel libro decimo delle Leggi, è di
mostrata con tutti quegli argomenti, a cui sembra che poco di più
nuovo e di più bello abbian saputo aggiungervi i teologi moderni.
Della necessità delle tradizioni poi è così ben persuaso il filosofo
greco, da doversi anzi dire che tutto il suo sistema è informato di
quel principio. E in vero non vuol nemmeno che le notizie acqui
state si appellino col nome di scienza, ma piuttosto con quello di
reminiscenza, come se l'intelletto le avesse prima possedute, attin
gendole direttamente dal cielo, e poi avesse via via occasione di
ridursele alla memoria.
chi era Socrate? — Io son figlio, ei risponde nel Teeteto appresso
lo stesso Platone, di una valentissima levatrice, che si chiama Fe
narete, e anch'io, come lei, esercito questa medesima arte. Infe
condo per me stesso, ostetrico i parti altrui e gli educo alla luce. —
Se gli avesse alcuno domandato quali precetti gli fosse bisognato
osservare per conseguire la moralità e la scienza, compendiosamente
rispondeva conosci te stesso. Platone dunque si fece imitatore fede
lissimo di quell'arte ostetrica, e osservatore diligentissimo di quel
precetto, per cui, sebbene sia sembrato che il Reid e i pedagogisti
moderni abbiano ora nuovamente e per i primi introdotto nella
psicologia il metodo dell'osservazione sperimentale; quel metodo
nonostante è antichissimo, e quasi un eco del socratico responso.
Non riuscirà perciò cosa di meraviglia a nessuno quella, che saremo
ora per profferire, ed è questa: che le platoniche dottrine sono una
viva espressione e uno splendidissimo dramma, che rappresenta in
atto lo stato e le condizioni della mente dell'uomo, nel primo
acquisto delle verità naturali, secondo ci risultava dall'osservare i
fatti del bambinello, che di poco ha passato quaranta giorni. Anche
egli infatti, Platone, ammette che primo maestro all'uomo non è
che Dio, l'esistenza del quale, nel libro decimo delle Leggi, è di
mostrata con tutti quegli argomenti, a cui sembra che poco di più
nuovo e di più bello abbian saputo aggiungervi i teologi moderni.
Della necessità delle tradizioni poi è così ben persuaso il filosofo
greco, da doversi anzi dire che tutto il suo sistema è informato di
quel principio. E in vero non vuol nemmeno che le notizie acqui
state si appellino col nome di scienza, ma piuttosto con quello di
reminiscenza, come se l'intelletto le avesse prima possedute, attin
gendole direttamente dal cielo, e poi avesse via via occasione di
ridursele alla memoria.
Chi poi volesse vedere in Platone eloquentemente rappresen
tate queste stesse dottrine sotto forma di apologo, legga il principio
del libro VII Dello Stato, dove l'intelletto che apprende le cose,
per mezzo dei sensi, vien rassomigliato a un uomo, che vede appa
rire e sparire gli oggetti per le loro ombre proiettate sul fondo di
una spelonca, dentro alla quale sia condannato a starsene rinchiuso
per tutto il tempo della sua vita.
tate queste stesse dottrine sotto forma di apologo, legga il principio
del libro VII Dello Stato, dove l'intelletto che apprende le cose,
per mezzo dei sensi, vien rassomigliato a un uomo, che vede appa
rire e sparire gli oggetti per le loro ombre proiettate sul fondo di
una spelonca, dentro alla quale sia condannato a starsene rinchiuso
per tutto il tempo della sua vita.