1esteriore di forma, che fa presentire una più intima somiglianza
della materia e del soggetto proprio de'loro studi. Chi volesse poi
scorgere quel tal punto di somiglianza un po'più d'appresso, non
dovrebbe far altro che mettersi a confrontare la prima carta de'Que
siti e Inventioni, dove si espongono i soggetti da trattarsi ne'primi
sei libri, con la lettera che Leonardo scriveva a Lodovico Moro,
perchè, riconosciutane l'abilità, si risolvesse di richiamarlo più sol
lecitamente al suo servizio.
della materia e del soggetto proprio de'loro studi. Chi volesse poi
scorgere quel tal punto di somiglianza un po'più d'appresso, non
dovrebbe far altro che mettersi a confrontare la prima carta de'Que
siti e Inventioni, dove si espongono i soggetti da trattarsi ne'primi
sei libri, con la lettera che Leonardo scriveva a Lodovico Moro,
perchè, riconosciutane l'abilità, si risolvesse di richiamarlo più sol
lecitamente al suo servizio.
Ma il Bresciano, che rimane inferiore a quel da Vinci nella
varietà e nella estensione de'soggetti naturali trattati, lo supera
nella intensità e nel lucido ordine con che è riuscito a trattare le
parti. La Nuova Scientia, per verità, non ha molto del nuovo. La
legge della caduta dei gravi è quella stessa professata da Leonardo
da Vinci e da tutti coloro che rimasero ingannati dal creder che
gl'impeti sieno proporzionali alle altezze d'onde discendono i corpi.
Rispetto alla curva descritta dai proietti, il Tartaglia rimane indietro
al Cardano, che intravide nelle curve traiettorie una certa somi
glianza colla parabola. Nonostante è notabile che fosse dalle sotti
gliezze geometriche condotto a indovinare la massima ampiezza
de'tiri di artiglieria aversi allora, quando l'obice è inclinato di 45
gradi sull'orizzonte. Poco perciò sembra che giovasse a scoprir cose
nuove l'ordine matematico tenuto dall'Autore e la lucida esposi
zione del libro. Più novità forse ha nell'altro delle Inventioni, scritto
in Dialogo, e dove si contrappongono agli errori di Aristotile i veri
principii della statica. Dialogizzando l'Autore con don Diego di Men
doza, nel VII libro introduce il discorso intorno alle Questioni mec
caniche di Aristotile, e segnatamente sopra la prima espressa dal
Filosofo in questa forma “ Perchè causa le maggior libre ovver
bilance sono più diligenti delle minori. ” Il Tartaglia esamina sot
tilmente la cosa e incomincia dall'osservare che il problema è di
fettoso nella stessa sua enunciazione e che sarebbe convenuto prima
di tutto all'Autore distinguere tra il fatto naturale e il fatto mate
matico. Riguardate matematicamente le braccia della bilancia, come
linee geometriche, è vero, dice il Tartaglia, l'asserto di Aristotile,
ma è falso riguardate quelle stesse braccia fisicamente, e tali quali
sono in natura, perchè allora, invece di essere più diligenti le bi
lancie di lunghe braccia sono invece quelle di braccia corte, come
l'esperienza dimostra nelle bilancette o saggiatori degli orefici e
dei monetari.
varietà e nella estensione de'soggetti naturali trattati, lo supera
nella intensità e nel lucido ordine con che è riuscito a trattare le
parti. La Nuova Scientia, per verità, non ha molto del nuovo. La
legge della caduta dei gravi è quella stessa professata da Leonardo
da Vinci e da tutti coloro che rimasero ingannati dal creder che
gl'impeti sieno proporzionali alle altezze d'onde discendono i corpi.
Rispetto alla curva descritta dai proietti, il Tartaglia rimane indietro
al Cardano, che intravide nelle curve traiettorie una certa somi
glianza colla parabola. Nonostante è notabile che fosse dalle sotti
gliezze geometriche condotto a indovinare la massima ampiezza
de'tiri di artiglieria aversi allora, quando l'obice è inclinato di 45
gradi sull'orizzonte. Poco perciò sembra che giovasse a scoprir cose
nuove l'ordine matematico tenuto dall'Autore e la lucida esposi
zione del libro. Più novità forse ha nell'altro delle Inventioni, scritto
in Dialogo, e dove si contrappongono agli errori di Aristotile i veri
principii della statica. Dialogizzando l'Autore con don Diego di Men
doza, nel VII libro introduce il discorso intorno alle Questioni mec
caniche di Aristotile, e segnatamente sopra la prima espressa dal
Filosofo in questa forma “ Perchè causa le maggior libre ovver
bilance sono più diligenti delle minori. ” Il Tartaglia esamina sot
tilmente la cosa e incomincia dall'osservare che il problema è di
fettoso nella stessa sua enunciazione e che sarebbe convenuto prima
di tutto all'Autore distinguere tra il fatto naturale e il fatto mate
matico. Riguardate matematicamente le braccia della bilancia, come
linee geometriche, è vero, dice il Tartaglia, l'asserto di Aristotile,
ma è falso riguardate quelle stesse braccia fisicamente, e tali quali
sono in natura, perchè allora, invece di essere più diligenti le bi
lancie di lunghe braccia sono invece quelle di braccia corte, come
l'esperienza dimostra nelle bilancette o saggiatori degli orefici e
dei monetari.
La questione meccanica sottilmente discussa qui dal Bresciano,