Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              dei grandi, i quali dal suo lavoro rimangono irradiati di novella luce, che
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              rende meno ispide le non infrequenti dimostrazioni matematiche e mecca­
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              niche, è condotto il lavoro tutto intero, poichè del vastissimo campo può
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              ben dirsi che nessun angolo rimanga inesplorato. </s>
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              <s>Dei
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              principali strumenti del metodo sperimentale
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              indaga la storia del
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              termometro, dell'orologio a pendolo, dei cannocchiali di Galileo, del Fon­
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              tana, del Torricelli e del telescopio a riflessione, del micrometro, del bino­
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              culo, del barometro, dell'igrometro, del corno acustico, del pluviometro, del
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              microscopio, dell'areometro e di altri macchinamenti ingegnosi e curiosi,
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              nei quali possono ravvisarsi i germi di altri maggiori strumenti, che diedero
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              celebrità a più recenti inventori. </s>
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              <s>Studiando la
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              storia del metodo sperimentale applicato alle scienze fisi­
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              che,
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              ne indaga specificatamente le vicende rispetto all'ottica, alla catottrica,
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              alla dottrica, alle diffrazioni ed alle interferenze, al suono, al calore, al ma­
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              gnetismo, alla meteorologia, alla geografia, alla cosmografia, all'astronomia
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              dei pianeti ed a quella del sole, della luna e delle comete. </s>
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              <s>La
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              storia del metodo sperimentale applicato alla storia naturale
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              stu­
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              dia, esaminandone gli effetti sullo svolgimento dell'anatomia, dell'entomo­
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              logia, e dedica speciali ricerche alla circolazione del sangue, alla meccanica
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              dei moti interni, all'ematosi, alla meccanica animale dei movimenti locali,
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              agli organi dei sensi, alla medicina sperimentale, alla fisiologia delle piante
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              ed ai sistemi di loro classificazione, e per ultimo alla geologia. </s>
              <s>In questa
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              così ricca rassegna potrebbero per verità notarsi alcune lacune; ma, come
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              già si è avvertito, furono dall'autore lasciate ad arte, affinchè rimanessero
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              impregiudicate le questioni che hanno attinenza colla seconda e colla terza
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              parte del lavoro (alle quali, come s'è detto, sono respettivamente dedicati il
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              secondo ed il terzo volume), vale a dire colla storia del metodo sperimen­
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              tale applicato alla scienza del moto dei gravi, ed alla scienza del moto delle
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              <s>E quanto alla seconda parte ecco, colla maggior possibile brevità, come
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              essa si appresenti al nostro autore. </s>
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              <s>Gli studi del moto, benchè fossero da altri, sopra gli insegnamenti di
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              Archimede, in qualche modo iniziati, non presero nulladimeno ordinamento
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              di scienza, prima di Galileo, il quale, in un trattatello, che corse a principio
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              manoscritto, illustrò e completò la teoria delle macchine, e in altre scrit­
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              ture svolse e formulò i principii archimedei dei moti equabili. </s>
              <s>Indagando
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              tuttavia il cammino, che, su questa via, erasi percorso dai predecessori del
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              sommo filosofo, avverte il nostro che nessuno aveva pensato di comporre
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              un trattatello compiuto di meccanica, a quel modo che si fece dell'idraulica,
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              servendosi dei materiali dispersi per i manoscritti di Leonardo da Vinci;
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              questo fece l'autore, tenendo conto di ciò che ormai si ha alle stampe, e
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              giova credere che pregevoli aggiunte gli saranno fornite dalle cose vinciane
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              pubblicate posteriormente alla presentazione di questo lavoro. </s>
              <s>Il trattato poi
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              della
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              del Tartaglia, conosciuto, ma non curato da Galileo, </s>
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