Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              principio dapprima supposto per vero, si mostra, come, dopo la pubblica­
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              zione dei dialoghi, riuscisse a Galileo di trovare quella dimostrazione, e come
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              la divulgasse fra gli amici e gli scolari. </s>
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              <s>Dopo i dialoghi delle Nuove Scienze sono presi in esame il trattato del
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              Baliani, ponendo in chiaro come da esso differisca quello del Torricelli, e
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              tutta la importanza che rivestono quelli del Borelli, e dimostrandosi come,
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              se fossero noti al mondo i manoscritti del Viviani, apparirebbe assai più
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              evidente com'egli fu dei primi, dei più assidui e de'più strenui propugna­
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              tori e promulgatori delle dottrine galileiane concernenti la scienza del moto. </s>
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              <s>Infine l'autore nostro ha voluto prendere in esame alcune difficoltà pro­
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              mosse contro le dottrine galileiane dagli scienziati stranieri intrattenendosi più
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              particolarmente a far rilevare le incongruenze e gli invidiosi fastidi cartesiani. </s>
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              <s>Ed ora, con analisi altrettanto rapida, prendiamo in esame il terzo ed
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              ultimo volume. </s>
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              <s>Come ogni parte di scienza sperimentale in Italia incomincia con Ga­
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              lileo, così il nostro autore dà principio alla storia dell'applicazione di essa
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              alle dottrine intorno al moto delle acque, esponendo le speculazioni e le espe­
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              rienze, colle quali il nuovo Archimede promosse la scienza dell'equilibrio
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              de'liquidi, iniziata già dall'Archimede antico. </s>
              <s>Passa poi a narrare come e
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              quando il Castelli riuscisse a formulare ed a dimostrare geometricamente le
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              proposizioni fondamentali di questa scienza, che cioè le quantità dell'acqua
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              fluente da una luce son proporzionali alla velocità moltiplicata per la se­
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              zione; narrando poi come, da questa, il Castelli stesso svolgesse una serie
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              di proposizioni o teoremi, che compongono il primo libro della
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              acque correnti.
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              <s>Opportunamente avverte l'autore, che il Bisenzio fu in Toscana il primo
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              fiume, a cui si applicassero le nuove leggi idrauliche già scoperte, e perciò
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              egli prende a narrare l'occasione ed il modo particolare di questa applica­
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              zione; e, sottoponendo a diligente esame storico-critico le dottrine meccanico­
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              idrauliche professate da Galileo nella lettera o trattato del fiume Bisenzio,
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              discute la celebre questione insorta fra lui e Andrea Arrighetti. </s>
              <s>Con altret­
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              tanta diligenza viene poi esaminata l'altra delle scritture idrauliche galileiane
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              rimasteci, cioè il breve discorso contro il Bertizzolo. </s>
              <s>Ritorna poi al Castelli,
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              il quale, preparandosi con speculazioni ed esperienze nuove a risolvere la
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              questione della laguna veneta, s'abbattè a scoprire un fatto, nella dimo­
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              strazione del quale lo sovvenne il Cavalieri; e degli incidenti a questo ar­
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              gomento relativi è fornita una narrazione particolareggiata ed importante. </s>
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              <s>Il regolamento delle Chiane, morto Galilei, fu uno dei primi e princi­
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              pali problemi offertisi a risolvere a'discepoli di lui. </s>
              <s>Il Michelini proponeva,
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              per velocitarne il corso, di abbassar lo sbocco del fiume; il Torricelli si op­
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              poneva, propugnando il principio che le velocità sono da regolarsi, non se­
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              condo il declivio dell'alveo, ma della superficie dell'acqua. </s>
              <s>Le fasi diverse
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              di questo dibattito sono accuratamente studiate dal nostro autore nelle cause
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              e nelle conseguenze. </s>
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