1spettive linee condotte parallele alla orizzontale BC, gl'impeti o le velocità
sono uguali, in quanto che le scese AD, AE; AF, AG; AH, AI ecc., tutte
345[Figure 345]
sono uguali, in quanto che le scese AD, AE; AF, AG; AH, AI ecc., tutte
345[Figure 345]
Figura 154.
capiunt aequaliter de directo; dunque, nei moti
per tutta l'AB, e per tutta l'AC, son le velocità
uguali. Ma dove sono le velocità uguali, gli spazi
son proporzionali ai tempi, e perciò il tempo per
AB, al tempo per AC, sta come la linea AB alla
linea AC.
capiunt aequaliter de directo; dunque, nei moti
per tutta l'AB, e per tutta l'AC, son le velocità
uguali. Ma dove sono le velocità uguali, gli spazi
son proporzionali ai tempi, e perciò il tempo per
AB, al tempo per AC, sta come la linea AB alla
linea AC.
Tale essendo il processo di Galileo tradisce
le sue intenzioni di rendere la scienza nuova in
dipendente dall'antica, alla quale, non solamente
appartiene il supposto delle velocità uguali nel
l'egual rettitudine del descenso, ma i teoremi al
tresì, che concernono i moti equabili, dai quali
accidentalmente derivano gli accelerati. La Dina
mica nuova insomma si fondava sopra questi tre massimi principii: che le
velocità siano in ragion diretta degli spazi e reciproca dei tempi; che sian
proporzionali agl'impeti, e che si trovino sempre uguali in qualunque obli
quità, quando le scese rette siano uguali. Il primo principio, che non ne
avrebbe avuto bisogno, è in sè e nelle sue conseguenze dimostrato da Ga
lileo in quelle sei proposizioni dei moti equabili, che precedono al trattato
dei moti accelerati; il secondo tiene in sè impressa la nota dell'evidenza,
ma il terzo non ha d'altronde il suffragio che dall'aver condotto Leonardo
da Vinci e il Tartaglia a conseguenze vere. Poteva, per questo e per la sua
propria ragionevolezza, quel supposto approvarsi, ma a Galileo, che sopra
lui solo erigeva la gran mole, sembrava conveniente saggiarne meglio la
solidità, perchè, vacillando quello, ne vacillava tutto intero l'edifizio costruito,
come su regola, sul supposto che le medesime leggi governino il moto nel
perpendicolo e nei piani inclinati. “ Id autem, quod demonstratum est in
lationibus peractis in perpendiculis, intelligatur etiam itidem contingere in
planis utcumque inclinatis, in iisdem enim assumptum est accelerationis
gradus eadem ratione augeri ” (Alb. XIII, 173, 74).
le sue intenzioni di rendere la scienza nuova in
dipendente dall'antica, alla quale, non solamente
appartiene il supposto delle velocità uguali nel
l'egual rettitudine del descenso, ma i teoremi al
tresì, che concernono i moti equabili, dai quali
accidentalmente derivano gli accelerati. La Dina
mica nuova insomma si fondava sopra questi tre massimi principii: che le
velocità siano in ragion diretta degli spazi e reciproca dei tempi; che sian
proporzionali agl'impeti, e che si trovino sempre uguali in qualunque obli
quità, quando le scese rette siano uguali. Il primo principio, che non ne
avrebbe avuto bisogno, è in sè e nelle sue conseguenze dimostrato da Ga
lileo in quelle sei proposizioni dei moti equabili, che precedono al trattato
dei moti accelerati; il secondo tiene in sè impressa la nota dell'evidenza,
ma il terzo non ha d'altronde il suffragio che dall'aver condotto Leonardo
da Vinci e il Tartaglia a conseguenze vere. Poteva, per questo e per la sua
propria ragionevolezza, quel supposto approvarsi, ma a Galileo, che sopra
lui solo erigeva la gran mole, sembrava conveniente saggiarne meglio la
solidità, perchè, vacillando quello, ne vacillava tutto intero l'edifizio costruito,
come su regola, sul supposto che le medesime leggi governino il moto nel
perpendicolo e nei piani inclinati. “ Id autem, quod demonstratum est in
lationibus peractis in perpendiculis, intelligatur etiam itidem contingere in
planis utcumque inclinatis, in iisdem enim assumptum est accelerationis
gradus eadem ratione augeri ” (Alb. XIII, 173, 74).
Le cure però, poste dall'Istitutore in confermare quel suo fondamento,
non appariscono proporzionate al bisogno, perchè non si limitano ad altro,
che a descrivere un'esperienza, per la quale alle già probabili ragioni si
viene a crescere tanto la probabilità, “ che poco gli manchi all'agguagliarsi
ad una ben necessaria dimostrazione ” (ivi, pag. 164). È quella esperienza
desunta dalle vibrazioni del pendolo, in cui si osserva che sormonta quasi
a quella medesima altezza, d'onde fu sceso, ed è da credere che vi arrive
rebbe precisamente, quando si togliessero gl'impedimenti dell'aria e del filo.
“ Dal che possiamo veracemente concludere, dice Galileo, che l'impeto acqui
stato nel punto B (fig. 155) dalla palla, nello scendere per l'arco CB, fu
tanto, che bastò a risospingersi per un simile arco BD alla medesima al
tezza ” (ivi).
non appariscono proporzionate al bisogno, perchè non si limitano ad altro,
che a descrivere un'esperienza, per la quale alle già probabili ragioni si
viene a crescere tanto la probabilità, “ che poco gli manchi all'agguagliarsi
ad una ben necessaria dimostrazione ” (ivi, pag. 164). È quella esperienza
desunta dalle vibrazioni del pendolo, in cui si osserva che sormonta quasi
a quella medesima altezza, d'onde fu sceso, ed è da credere che vi arrive
rebbe precisamente, quando si togliessero gl'impedimenti dell'aria e del filo.
“ Dal che possiamo veracemente concludere, dice Galileo, che l'impeto acqui
stato nel punto B (fig. 155) dalla palla, nello scendere per l'arco CB, fu
tanto, che bastò a risospingersi per un simile arco BD alla medesima al
tezza ” (ivi).