Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

Table of figures

< >
< >
page |< < of 3504 > >|
    <archimedes>
      <text>
        <body>
          <chap>
            <p type="main">
              <s>
                <pb xlink:href="020/01/1995.jpg" pagenum="238"/>
              sito, che gli si propone intorno alla perpetuità del moto, possibile ad otte­
                <lb/>
              nersi dalle virtù perpetuamente attrattive del magnete. </s>
              <s>S'applica perciò ad
                <lb/>
              esaminar diligentemente la proposizione IX dell'ottavo libro delle matema­
                <lb/>
              tiche Collezioni, e facilmente si avvede che l'assunto preso dall'Autore, per
                <lb/>
              concluder la sua proposizione, era falso, perchè, per movere il peso nel­
                <lb/>
              l'orizzonte, tutt'altro che bisognarvi maggior forza che a moverlo su per
                <lb/>
              l'acclivio, non ci vuol anzi forza di nulla, come, per i teoremi del Cardano
                <lb/>
              e del Benedetti, era a tutti oramai notissimo. </s>
              <s>Fa notare di più il Cabeo l'as­
                <lb/>
              surdo, che conseguirebbe manifestissimo dalle posizioni di Pappo, perchè, se
                <lb/>
              nella figura CV, la potenza P deve stare al peso E come EF ad FG, “ si
                <lb/>
              HM accedat ad perpendicularem, requireretur potentia maxima, et, si sit
                <lb/>
              omnino perpendicularis, infinita, quod est impossibile ” (Coloniae 1629,
                <lb/>
              pag. </s>
              <s>342). Se nell'equazione infatti P=EXEF/FG, FG riducesi a zero, do­
                <lb/>
              vrebbe tornar P uguale all'infinito. </s>
            </p>
            <p type="main">
              <s>Perchè dunque da un principio falso non poteva conseguirne il vero,
                <lb/>
              propone il Cabeo una soluzion del problema diversa da quella di Pappo, e
                <lb/>
              perchè insomma non si trattava d'altro, che di trovar la forza necessaria a
                <lb/>
              far risalire il grave sopra l'acclività del piano HM, considera questa forza
                <lb/>
              applicata in I all'estremità di una leva di secondo genere, che abbia in F
                <lb/>
              o in L il fulcro, e in E la resistenza. </s>
              <s>Le note leggi del Vette, applicate al
                <lb/>
              piano inclinato, davano dunque risoluto il problema col far come FI ad FE,
                <lb/>
              così il peso alla potenza, che ha da sollevarlo. </s>
              <s>Che se questa ragione non
                <lb/>
              piace “ quia vere etiam ipsa suas habet difficultates, donec exactius exami­
                <lb/>
              netur, hanc aliam habeto ” (ibid., pag. </s>
              <s>343), ma la nuova, che si propone,
                <lb/>
              sembra andare anche più lontana dal vero, per raggiungere il quale sarebbe
                <lb/>
              allo stesso Cabeo stato meglio deliberarsi affatto dalla costruzione, e dalla
                <lb/>
              geometrica dimostrazione di Pappo. </s>
            </p>
            <p type="main">
              <s>Così giudiziosamente avea fatto Galileo, a cui sorti perciò di dare il
                <lb/>
              primo la ragion del piano inclinato, derivandola dai principii della Scuola
                <lb/>
              alessandrina che, reputata da lui unica legittima, gli fece ingiustamente dire,
                <lb/>
              nell'accingersi a trattar delle proporzioni dei moti di un medesimo mobile
                <lb/>
              sopra diversi piani inclinati, che quella era questione “ a Philosophis nul­
                <lb/>
              lis, quod sciam, pertractata ” (Alb. </s>
              <s>XI, 56). Consiste la nuova dimostrazione
                <lb/>
              nel trapassar, dai gravi sostenuti dal braccio di
                <lb/>
              una Libbra, a considerarli come sostenuti dalla re­
                <lb/>
              sistenza di un piano, appropriando a questo le note
                <lb/>
              condizioni dell'equilibrio di quella. </s>
              <s>Se dal braccio
                <lb/>
              AB di una Leva (fig. </s>
              <s>110) penda in B un peso, que­
                <lb/>
              sto eserciterà il suo momento totale, mentre esso
                <lb/>
              braccio rimanga in AB livellato. </s>
              <s>Ma se inclinisi in
                <lb/>
              AC, il momento parziale di C, rispetto al totale in B,
                <lb/>
              sarà, secondo il noto teorema del Benedetti, come
                <lb/>
              la porzione AD, precisa dalla perpendicola CD, a
                <lb/>
                <figure id="id.020.01.1995.1.jpg" xlink:href="020/01/1995/1.jpg" number="301"/>
              </s>
            </p>
            <p type="caption">
              <s>Figura 110.</s>
            </p>
          </chap>
        </body>
      </text>
    </archimedes>