Ceredi, Giuseppe, Tre discorsi sopra il modo d' alzar acque da' lvoghi bassi : Per adacquar terreni. Per leuar l' acque sorgenti, & piouute dalle ca[m]pagne, che non possono naturalmente dare loro il decorso. Per mandare l' acqua da bere alle Città, che n' hannobisogno, & per altri simili vsi. ; Opera non piu stampata

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              gione affermare, che quaſi per accidente, & oltra ogni mio prin­
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              cipal penſiero, ſono concorſe in me tutte quelle parti, che ſogliono
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              eſſere atte a partorire ſimili effetti; & di rado ſi ſono ritrouate in­
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              ſieme unite in qualunque di coloro, che pure ſono ſtati auth ori di
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              moltißime, & bellißime inuentioni. </s>
              <s>Imperoche eſſendomi io do­
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              po i miei piu graui ſtudij, ne' quali (come ſanno i nostri Piacenti­
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              ni) mi ſoglio & con la mente, & con l'opere eſſercitare; traſtul­
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              lato molte uolte ne' campi delle certißime demoſtrationi mathema
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              tice, hora ſimplici hora miſticate d'altre ſorti di ſcienze; & fra
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              l'altre nelle regole delle proportioni, & della ſcienza del mouer
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              peſi; mi ſouenne (il che bene è ricordato da Ariſtotele, & da Ga
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              leno) che niſſuna ſcienza, od arte, il cui ultimo fine ſia posto nel­
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              l'operatione, ſi può perfettamente poſſedere; ſe chi ha appreſſo i
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              precetti di lei, non conferma lor poi con uarie eſperienze molte uol
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              te, & ſicuramente riuſcite. </s>
              <s>Onde deliberai di uolermi anco pi­
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              gliare alquanto di piacere nel porre in reale effetto circa qualche
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              ſoggetto utile, quelle norme, che contra il ſuo uero fine, commune
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              mente ſono inteſe ſolamente in aſtratto da gli huomini ſcientiati.
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              <s>Et tanto maggiormente fui ſoſpinto a ciò, quanto io gia haueuo ue
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              duto chiaramente, che il grande Ariſtotele, oltra che ci haueua
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              laſciato quella diuina opera delle cagioni de gli effetti mecanici,
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              era anco con le proprie mani ſtato primiero introduttore di alcuno
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              materiale, & artificioſo inſtromento. </s>
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              ueua egli ſdegnare a prenderſi honeſto diporto col porre in eſſecit­
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              tione tante belle ragioni mathematice, & naturali; ſe la natura
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              iſteſſa, quaſi diuenuta mecanica, nella fabrica del mondo, & di
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              tutte le forme delle coſe, pare che a bello ſtudio ſi ſia ingegnata di
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              produrre ogn'hora piu artificioſi organi; dall'eſſempio de quali inui
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              tati noi huomini con l'aiuto del diſcorſo, & delle mani, poßiamo
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              ſoccorrere al mancamento di quelle parti nelle quali neceſſaria­
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              mente ſiamo creati quaſi piu imperfetti di qualunque altro anima­
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              <s>S'aggiunſe a queſto un caſo di non picciola importanza. </s>
              <s>Auen
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              ga che quaſi a ſorte mifur uenduti da chi lor non conoſceua, certi
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              ſcritti di Herone, di Pappo, & di Dioniſidoro tolti dalla libraria,
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              che fu gia del dottißimo Giorgio Valla noſtro Piacentino, il quale
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              per gli meriti ſuoi inalzato dalla liberalità dell'Illuſtrißimo Si­
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              gnor Giouan Giacomo Triulzi, che allhora gouernaua lo ſtato di
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