Gallaccini, Teofilo, Perigonia, o vero degli angoli, ca. 1590-1598

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Nella Prospettiva
Cap. 13
Non è dubbio alcuno che se consideraremo bene tutte le parti della Prospettiva, o appartenghino all’ombre, dico alle scene, o a reflettimenti de’ raggi del Sole, o agli specchi, overo alle linee e raggi visuali, noi vi conosceremo tutta la forza delle pratiche e tutta l’efficacia delle dimos
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trationi
nascen dalla diversa aplicatione degli angoli, la qual cosa prenderemo a dimostrare.
Ma perché ci si offerisce la parte Ottica, la quale appartiene al modo con cui si eseguisce la visione, però prima ragionaremo di questa, ma avanti si dee supporre che Euclide, essendo Filosofo Platonico, nella sua Prospettiva dimostra esser dell’oppinion del suo maestro Platone, in quanto appartiene al modo col quale si fa la visione ed è che si faccia col mezzo di raggi visuali, ch’escono dall’occhio e vanno a truovarsi l’obbietto. Il che da lui si fece chiaro quando nella prima suppositione della Prospettiva disse i raggi visuali uscir dall’occhio e andar a truovar l’obbietto. Della quale oppinione sono stati i suoi seguaci e commentatori, contro a’ quali si è mostrato Giovanni Arcivescovo di Cantauria nella prima parte della sua Prospettiva comune nella 44 e 45 conclusione, dove disse: i matematici indarno affermare che la visione si faccia pe’ raggi che escono dall’occhio: ed esser cosa impossibile che i detti raggi uscendo dall’occhio alla cosa veduta sieno bastevoli a formar la visione *(e ‘l Cavalier Lorenzo Sirigatti nel cap. del primo libro della Pratica di Prospettiva) [nota in margine]. E benchè l’oppinion d’Euclide non sia conforme alla dottrina Peripatetica, contuttociò trattandosi di Prospettiva insieme con esso non si disconverrà seguirla; quantunque secondo l’oppinion Aristotile non si mostri sconvenevole ragionarne; poiché, con altro adattamento di raggi visuali affermaremo farsi la visione, discendo che invece di uscir dal centro dell’occhio e andar afferir nell’obbietto, scaturischino dall’estremi

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