Gallaccini, Teofilo, Perigonia, o vero degli angoli, ca. 1590-1598

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1concavo; che come afferma Ignatio Danti sopra la quarta supp. e apparenza prima, le cose che si vedono negli specchi non si vedano per quella linea con cui s’improntano, ma nel concorso di detta linea e del raggio che esce dall’occhio e ciò avviene quando il raggio non si ripiega in se stesso come si mostra da Eucl. nel Teor. perciochè in questo caso la linea dell’incidenza e della reflessione è l’istessa, onde non vi si scorge se non l’angolo dell’incidenza. Questo concorso di raggi visuali con le linee degli obbietti non si fa senza i detti angoli ed in esso si vedano le immagini degli obbietti visibili e però negli angoli dell’Incidenza si forma la visione di ritratti delle cose visibili negli specchi; perciochè (come nel precedente capitolo si è dimostrato), ciò che si vede apparisce sempre sotto qualche maniera d’angolo; che se nell’ottica ciò si dimostra nel conio diritto, nella Prosp. degli specchi si dimostra nel conio reflesso. Ma si avvertisca che nell’ottica solamente si fa conto dell’angolo costituito da’ raggi visuali nel centro dell’humor cristallino e nella specularia oltre a questo si stimano ancho gli angoli formati nella superficie dello specchio nella stremità dell’immagine dell’obbietto, dove si forma la visione reflessa. E per intender meglio questo ripiegamento de’ ragi visuali negli specchi fa di mestiero considerare che può dirsi che ‘raggi visuali che escono dagli occhi e feriscono lo specchio ne’ termini del diametro dell’immagine impressavi si ripieghino partendosi da’ punti dell’Incidenza per muoversi tanto che gionghino all’obbietto rappresentato dell’imagine dello specchio, acciochè si formi un conio reflesso colla forza del
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quale
si faccia la visione della detta immagine conforme alla vision dell’obbietto reale; perciochè la base del conio che è nell’immagine impressa nelo specchio sarà simile e proportionale alla base che si ritruovarà nello stesso obbietto.
Onde si vede che i raggi visuali che fanno gli angoli dell’incidenza e della reflessione per cagion del conio appariscono gli stessi raggi che escon dagli occhi per formare ‘l conio diritto che la natura loro sarebbe di andar dirittamente, ma l’incontro dello secchio gli fa piegare; che tale sia la natura loro, si vede quando s’incontrano in un corpo lucido e trasparente come è l’acqua che è quasi uno specchio piano in cui naturalmente i raggi che verso la cosa rappresentata si reflettano per trarne l'’mmagine e trasportarla nell'’cqua benchè a rivescio, si vanno dirittamente continuando tanto che trasportino la figura dell’obbietto nella stessa perpendicolare, come si vede nelle due dimostrationi del Teor. Ma si dee avvertire che’ detti raggi che si continuano nell’acqua non formano linee perpendicolari, ma più tosto inclinate; che se facessero linee perpendicolari si ripiegarebbero in loro stesse e non formarebbero altro angolo che dell'incidenza e però nol farebbero Reflesso; perciochè avviene de’ raggi del vedere non altramente che avvenga di quegli del Sole i quali non si ripiegano sopra ‘l corpo ove perquotono se non quando non son perpendicolari, come si vede appresso l’Autor della Prosp. Comm. nella quindicesima concl. della prima parte. Oltre acciò quando Eucl. nel Teor. 18° e 27° dimostra negli specchi all’hora vedersi le immagini delle cose visibili quando concorreno i raggi che escono dagli occhi insieme con le linee, che dalla cosa visibile si tirano; par che accenni che l’obbietto stesso imprime la sua immagine nello spec

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