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Quincumque dicitur, cum ita disposite sunt arbores, ut bine cum tertia
proximi ordinis equali intervallo sibi opposita quo’ quo’ te vertis
quincuncialem referunt.
Il quale ordine si dimostra con tale essempio sensato qui appresso.
Ma per intender meglio questa voce Quincunce si dee avvertire che appresso
gli antichi il numero cinque, come in se stesso e come numerante si mostra
con questa quinta lettera vocale V, come dice Valerio Probo nel lib.
De Notis Romanorum e questo si era ‘l segno dimostrativo di tal numero
quinario e considerato come numero numerato, cioè in quanto che è applicato
al peso d’alcuna cosa, che pesi cinque once, si dice Quineunx e Quincunce,
come si vede appresso Pietro Diacono “De minutijs”, onde e dalla quantità
del peso e dalla sua misura, che è ‘l numero cinque riceve ‘l nome Quincunce
e si nota col medesimo segno, sì come ‘l segno dimostrativo del numero
Denario era la decima lettera X consonante e sì come ‘l cinque V è la metà
del dieci X, così ‘l segno Quincunce V è la metà del segno denario X. Oltre
acciò si avverta che la figura del Quincunce si forma col mezzo
dell’intersegatione di due linee; perciochè, poste alcune piante con uguale
intervallo, a due a due, gli si oppone sempre la terza del secondo ordine,
come si vede
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qui appresso, che alle piante AB si oppone la pianta C e alle EC la D e alle CF la G e alle DG la H e mentre da A al G e da B a D si tirano le linee, che si tagliano insieme nel punto C, si forma ‘l Quincunce da ogni banda, come ACB. DCG. DCG. DHG. EAC. EDC. CBF. CGF e però disse Ambrogio Calepino: Quòquò te vertas quincuncialem referunt. E adunque ‘l Quincunce degli antichi un ordine usato nel piantar gli arboli e le viti, nel quale corrispondendo dirittamente le file di essi ed intersegandosi da ogni parte le linee loro, mostrano da ogni banda la figura di questo segno V Quincunce, in quella stessa guisa che si vede in Roma quell’edifitio vulgarmente appellato le “sette sale”, che anticamente era una conserva d’acque, detta “castello dell’acque”. E perché quest’ordine non può formar la detta figura senza costituir angoli, quindi è che possiamo dire che nel formarsi ‘l piantamento a Quincunce, cioè a mandorla, si adoperano gli angoli. Perciochè non è altro l’ordine a quincunce, che ‘l tirar due linee, le quali si taglino in fra loro in quella stessa guisa che si dimostra da Euclide nella quindicesima propositione del primo libro: e nel tirar dette linee si costituiscano quattro angoli che che da lui si appellano “angoli ad verticem”. I quali, secondo che egli dimostra sono fra loro uguali. E che ciò sia vero rimiriamo con diligenza il Quincunce e restaremo accertati esser ‘l tagliamento di due linee rette AB. CD. nel ponto E e delle GH. GB. nel ponto F., e di più vi potremo osservare il Quincunce non esser altro che l’angolo AEC. CFG. DEB. BFH. AED. CFB. CEB. GFH, onde si può concludere che ‘l piantare a Quincunce non sia altro che’l formar gli angoli ne’ tagliamenti delle linee rette in fra loro opposti direttamente e per diametro uguali, cioè AEC. all’angolo DEB. AED
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qui appresso, che alle piante AB si oppone la pianta C e alle EC la D e alle CF la G e alle DG la H e mentre da A al G e da B a D si tirano le linee, che si tagliano insieme nel punto C, si forma ‘l Quincunce da ogni banda, come ACB. DCG. DCG. DHG. EAC. EDC. CBF. CGF e però disse Ambrogio Calepino: Quòquò te vertas quincuncialem referunt. E adunque ‘l Quincunce degli antichi un ordine usato nel piantar gli arboli e le viti, nel quale corrispondendo dirittamente le file di essi ed intersegandosi da ogni parte le linee loro, mostrano da ogni banda la figura di questo segno V Quincunce, in quella stessa guisa che si vede in Roma quell’edifitio vulgarmente appellato le “sette sale”, che anticamente era una conserva d’acque, detta “castello dell’acque”. E perché quest’ordine non può formar la detta figura senza costituir angoli, quindi è che possiamo dire che nel formarsi ‘l piantamento a Quincunce, cioè a mandorla, si adoperano gli angoli. Perciochè non è altro l’ordine a quincunce, che ‘l tirar due linee, le quali si taglino in fra loro in quella stessa guisa che si dimostra da Euclide nella quindicesima propositione del primo libro: e nel tirar dette linee si costituiscano quattro angoli che che da lui si appellano “angoli ad verticem”. I quali, secondo che egli dimostra sono fra loro uguali. E che ciò sia vero rimiriamo con diligenza il Quincunce e restaremo accertati esser ‘l tagliamento di due linee rette AB. CD. nel ponto E e delle GH. GB. nel ponto F., e di più vi potremo osservare il Quincunce non esser altro che l’angolo AEC. CFG. DEB. BFH. AED. CFB. CEB. GFH, onde si può concludere che ‘l piantare a Quincunce non sia altro che’l formar gli angoli ne’ tagliamenti delle linee rette in fra loro opposti direttamente e per diametro uguali, cioè AEC. all’angolo DEB. AED