Gallaccini, Teofilo, Perigonia, o vero degli angoli, ca. 1590-1598

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1desimo piano, in maniera che stieno per diritto fra loro. Oltre acciò talvolta essendo opposta una palla all’occhio nostro, vedremo di lei la parte minore parerci maggiore e per opposito la parte maggiore dimostrarsi minore e ‘l tutto accade per la forza dell’angolo del conio che si fa maggiore o minore discostandosi od accostandosi all’obbietto, come si dimostra nel teor. 24°. L’istesso accade alla colonna, come si dimostra nel 30°. Così ancho avviene al conio alzato o abbassato l’occhio, come apparisce nella dimostratione del 34°. E tutti questi casi son cagionati dalla grandezza dell’angolo, sì chome ancho l’ugualità degli angoli formati da’ raggi visuali nel mirar i diametri d’un cerchio il cui centro stia a piombo sotto l’occhio è cagione che si vedano i detti diametri uguali, sì come è manifesto per la dimostratione del 36° teor. e tutta la ragione di questo effetto consiste nella linea perpendicolare dall’occhio sopra ‘l piano del cerchio la qual faccia angoli retti per ogni verso; onde segue che l’occhio col suo centro ferisca ‘l centro del cerchio e perciò discerna tutto ugualmente; poiché ciascuna parte di esso li è ugualmente lontana. La qual cosa non succederebbe se l’occhio non fusse collocato sopra la linea perpendicolare perciochè gli angoli del conio sarebbero disuguali sì come anchora quegli del piano del cerchio e gli angoli disuguali (come si mostra nel Teor. 37°) son cagione delle disuguali apparenze dei deti diametri. Quindi adunque è manifesto che le diversità dell’ apparenze si dimostrano con l’aiuto
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degli angoli sicome ancho della virtù degli angoli si cagionano.
Perciochè ovunque si fa dimostration di Prosp. sempre si presuppongono l’occhio e ‘ raggi visuali terminanti nella grandezza veduta. Onde necessariamente risulta l’angolo e ‘l conio di grandezza minore o maggiore o uguale secondo la varia positura dell’obbietto e dell’occhio.
Se ‘l colore è propio obbietto del vedere ond’è che Euclide mostra la grandezza esser obbietto?
Cap. 14
Par cosa non convenevole, affermar nella Prospettiva, che l’obbietto propio del vedere sia la grandezza e non il colore; perciochè ella suole adattar alle cose da lei considerate, l’esser visibili, onde avviene che si distingua dall’altre parti della Matematica. La qual cosa essendo avvertita dall’arcivescovo di Cantauria nella Prosp. Commune, nella 2a conclusione, disse che ‘l colore illuminato opera impressivamente nel vedere, stimando il colore esser obbietto propio di esso. E sse gli obbietti di qualunque specie sieno si fanno visibili col mezzo del colore, per qual cagione ancho il colore non è obbietto propio del vedere? Ansi più propio sarà il colore che primiero le si afferisce; ma la grandezza, se però è propio obbietto del vedere, dopo ‘l colore si apprende. Oltre acciò, se Arist. nella part..63. del 2° dell’Anima afferma l’obbietto propio d’un senso esser quello che non si apprende da altro senso, la grandezza non potrà dirsi obbietto propio del vedere; perciochè com’egli stesso nella part. .64. dice è obbietto sensibile commune. Oltre acciò, se la grandezza

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