Gallaccini, Teofilo, Perigonia, o vero degli angoli, ca. 1590-1598

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            <p type="main">
              <s>
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              d’Euclide; perciochè tutto quel che considera ne’ libri degli Elementi il considera, come cosa pura matematica, non vi adattando conditione alcuna, altramente non si porrebbe differenza fra le scienze pure matematiche, e fra quelle che son miste, o scienze di mezzo.</s>
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              <s>Se si dà l’angolo indeterminato sì come il determinato</s>
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              <s>Cap. 7</s>
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              <s>L’angolo determinato non è altro che ‘l retto; perciochè aggiognendosi o scemandosi non è più retto; che se si aggiogne diventa ottuso, e se si diminuisce, diviene acuto. </s>
              <s>Però ragionevolmente si dice determinato; che non richiede gionta né scemamento: e sì come quelle cose che variano nella specie per la mutatione, si dicano determinate, così l’angolo retto si appella determinato; perché si muta in altra specie, essendo aggionto o scemato. </s>
              <s>Oltre acciò si dice determinato; perciochè nel definir Euclide gli altri angoli, dice l’angolo acuto esser minore e l’ottuso maggior del retto; ma dell’angolo retto non si dice esser maggiore o minore; ma uguale; perciochè avanti all’angolo retto non si dà altra maniera d’angolo alla quale si possa assimigliare. </s>
              <s>Di modo che gli altri angoli si determinano nel retto, ma ‘l retto non si determina in altri angoli. </s>
              <s>Gli angoli indeterminati sono gli acuti e gli ottusi; perciochè, secondo Proclo, l’angolo retto si forma dalla ragione che nasce dal fine e l’ottuso e l’acuto da quella che procede all’infinito. </s>
              <s>Questi si appellano indeterminati perché sempre si possano diminuire od accrescere; talchè per questo sono indeterminati; perché non è determinata la grandezza loro, sì come per questo si dice l’angolo retto determinato, perché è determinata la sua grandezza. </s>
              <s>Oltre acciò si dicano indeterminati; perciochè, secondo Proclo, hanno gran forza di accrescere e diminuire gli spati; onde per essi sono indeterminati. </s>
              <s>Ma si avvertisca che quando si dice l’angolo ottuso indeterminato; perciochè sempre si può aggiognere
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              e l’acuto altresì; perché sempre si può scemare, non si dee intendere che l’uno infinitamente si aggionga e l’altro infinitamente si scemi; perciochè o lo scemamento o ‘l crescimento non può proceder in infinito; poiché se si cresce in infinito l’ottuso necessariamente bisogna venire a un caso, che non vi sia più angolo; perciochè quanto più si cresce l’angolo, tanto più si avvicina a perdersi. </s>
              <s>E però per forza di Prospettiva, e per ragion di lontananza dalla vista l’angolo ottuso si perde, e si converte in una linea: e quanto più si scema l’angolo, tanto più si accosta al non esser più angolo; perciochè finalmente si perde sì come al suo luogo ne ragionaremo a pieno. </s>
              <s>Onde quando diciamo l’ottuso sempre potersi crescere, e l’acuto sempre scemare, bisogna intender secondo qualche tempo determinato; di modo che sempre non voglia dir altro che molte volte si possa o l’uno aggiognere o l’altro scemare. </s>
              <s>E di questo per hora non diremo altro.</s>
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              <s>Se l’angolo si riduca al tutto alla pianezza e ugualità della linea retta, </s>
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              <s>overo alla curvità della circolare</s>
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              <s>Cap.8</s>
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              <s>Per ritruovar la verità di questo problema bisogna considerare, che l’angolo può esser riguardato in due maniere, in quanto si truova in un piano, overo in una linea piana: e in quanto si truova nella superficie d’una Sfera, o nella linea circolare, sì come si vede nelle figure moltilatere. </s>
              <s>Onde considerato l’angolo come in superficie sferica, o ‘n linea circolare, noi ‘l vedremo che si ridurrà alla linea circolare o all’incurvamento della Sfera: e considerato l’angolo come in un piano, o ‘n’una linea piana il vedremo ridursi allo stesso piano, overo alla stessa linea piana, la qual cosa si può confermar con Marsilio Ficino nel cap. 41° del Timeo di Platone, là dove dice l’angolo ottusissimo esser tosto seguito da </s>
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