d’Euclide; perciochè tutto quel che considera ne’ libri degli Elementi il
considera, come cosa pura matematica, non vi adattando conditione alcuna,
altramente non si porrebbe differenza fra le scienze pure matematiche, e fra
quelle che son miste, o scienze di mezzo.</s>
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<s>Se si dà l’angolo indeterminato sì come il determinato</s>
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<s>Cap. 7</s>
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<s>L’angolo determinato non è altro che ‘l retto; perciochè aggiognendosi o
scemandosi non è più retto; che se si aggiogne diventa ottuso, e se si
diminuisce, diviene acuto. </s>
<s>Però ragionevolmente si dice determinato; che non richiede gionta né
scemamento: e sì come quelle cose che variano nella specie per la mutatione,
si dicano determinate, così l’angolo retto si appella determinato; perché si
muta in altra specie, essendo aggionto o scemato. </s>
<s>Oltre acciò si dice determinato; perciochè nel definir Euclide gli altri
angoli, dice l’angolo acuto esser minore e l’ottuso maggior del retto; ma
dell’angolo retto non si dice esser maggiore o minore; ma uguale; perciochè
avanti all’angolo retto non si dà altra maniera d’angolo alla quale si possa
assimigliare. </s>
<s>Di modo che gli altri angoli si determinano nel retto, ma ‘l retto non si
determina in altri angoli. </s>
<s>Gli angoli indeterminati sono gli acuti e gli ottusi; perciochè, secondo
Proclo, l’angolo retto si forma dalla ragione che nasce dal fine e l’ottuso
e l’acuto da quella che procede all’infinito. </s>
<s>Questi si appellano indeterminati perché sempre si possano diminuire od
accrescere; talchè per questo sono indeterminati; perché non è determinata
la grandezza loro, sì come per questo si dice l’angolo retto determinato,
perché è determinata la sua grandezza. </s>
<s>Oltre acciò si dicano indeterminati; perciochè, secondo Proclo, hanno gran
forza di accrescere e diminuire gli spati; onde per essi sono indeterminati. </s>
<s>Ma si avvertisca che quando si dice l’angolo ottuso indeterminato; perciochè
sempre si può aggiognere
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e l’acuto altresì; perché sempre si può
scemare, non si dee intendere che l’uno infinitamente si aggionga e l’altro
infinitamente si scemi; perciochè o lo scemamento o ‘l crescimento non può
proceder in infinito; poiché se si cresce in infinito l’ottuso
necessariamente bisogna venire a un caso, che non vi sia più angolo;
perciochè quanto più si cresce l’angolo, tanto più si avvicina a perdersi. </s>
<s>E però per forza di Prospettiva, e per ragion di lontananza dalla vista
l’angolo ottuso si perde, e si converte in una linea: e quanto più si scema
l’angolo, tanto più si accosta al non esser più angolo; perciochè finalmente
si perde sì come al suo luogo ne ragionaremo a pieno. </s>
<s>Onde quando diciamo l’ottuso sempre potersi crescere, e l’acuto sempre
scemare, bisogna intender secondo qualche tempo determinato; di modo che
sempre non voglia dir altro che molte volte si possa o l’uno aggiognere o
l’altro scemare. </s>
<s>E di questo per hora non diremo altro.</s>
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<s>Se l’angolo si riduca al tutto alla pianezza e ugualità della linea retta,
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<s>overo alla curvità della circolare</s>
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<p type="head">
<s>Cap.8</s>
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<s>Per ritruovar la verità di questo problema bisogna considerare, che l’angolo
può esser riguardato in due maniere, in quanto si truova in un piano, overo
in una linea piana: e in quanto si truova nella superficie d’una Sfera, o
nella linea circolare, sì come si vede nelle figure moltilatere. </s>
<s>Onde considerato l’angolo come in superficie sferica, o ‘n linea circolare,
noi ‘l vedremo che si ridurrà alla linea circolare o all’incurvamento della
Sfera: e considerato l’angolo come in un piano, o ‘n’una linea piana il
vedremo ridursi allo stesso piano, overo alla stessa linea piana, la qual
cosa si può confermar con Marsilio Ficino nel cap. 41° del Timeo di Platone,
là dove dice l’angolo ottusissimo esser tosto seguito da </s>