desimo piano, in maniera che
stieno per diritto fra loro. </s>
<s>Oltre acciò talvolta essendo opposta una palla all’occhio nostro, vedremo di
lei la parte minore parerci maggiore e per opposito la parte maggiore
dimostrarsi minore e ‘l tutto accade per la forza dell’angolo del conio che
si fa maggiore o minore discostandosi od accostandosi all’obbietto, come si
dimostra nel teor. 24°. L’istesso accade alla colonna, come si dimostra nel
30°. Così ancho avviene al conio alzato o abbassato l’occhio, come apparisce
nella dimostratione del 34°. E tutti questi casi son cagionati dalla
grandezza dell’angolo, sì chome ancho l’ugualità degli angoli formati da’
raggi visuali nel mirar i diametri d’un cerchio il cui centro stia a piombo
sotto l’occhio è cagione che si vedano i detti diametri uguali, sì come è
manifesto per la dimostratione del 36° teor. e tutta la ragione di questo
effetto consiste nella linea perpendicolare dall’occhio sopra ‘l piano del
cerchio la qual faccia angoli retti per ogni verso; onde segue che l’occhio
col suo centro ferisca ‘l centro del cerchio e perciò discerna tutto
ugualmente; poiché ciascuna parte di esso li è ugualmente lontana. </s>
<s>La qual cosa non succederebbe se l’occhio non fusse collocato sopra la linea
perpendicolare perciochè gli angoli del conio sarebbero disuguali sì come
anchora quegli del piano del cerchio e gli angoli disuguali (come si mostra
nel Teor. 37°) son cagione delle disuguali apparenze dei deti diametri. </s>
<s>Quindi adunque è manifesto che le diversità dell’ apparenze si dimostrano con
l’aiuto
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degli angoli sicome ancho della virtù degli angoli si
cagionano. </s>
<s>Perciochè ovunque si fa dimostration di Prosp. sempre si presuppongono
l’occhio e ‘ raggi visuali terminanti nella grandezza veduta. </s>
<s>Onde necessariamente risulta l’angolo e ‘l conio di grandezza minore o
maggiore o uguale secondo la varia positura dell’obbietto e dell’occhio.</s>
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<s>Se ‘l colore è propio obbietto del vedere ond’è che Euclide mostra la
grandezza esser obbietto?</s>
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<s>Cap. 14</s>
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<s>Par cosa non convenevole, affermar nella Prospettiva, che l’obbietto propio
del vedere sia la grandezza e non il colore; perciochè ella suole adattar
alle cose da lei considerate, l’esser visibili, onde avviene che si
distingua dall’altre parti della Matematica. </s>
<s>La qual cosa essendo avvertita dall’arcivescovo di Cantauria nella Prosp. </s>
<s>Commune, nella 2a conclusione, disse che ‘l colore illuminato opera
impressivamente nel vedere, stimando il colore esser obbietto propio di
esso. </s>
<s>E sse gli obbietti di qualunque specie sieno si fanno visibili col mezzo del
colore, per qual cagione ancho il colore non è obbietto propio del vedere?
Ansi più propio sarà il colore che primiero le si afferisce; ma la
grandezza, se però è propio obbietto del vedere, dopo ‘l colore si apprende. </s>
<s>Oltre acciò, se Arist. nella part..63. del 2° dell’Anima afferma l’obbietto
propio d’un senso esser quello che non si apprende da altro senso, la
grandezza non potrà dirsi obbietto propio del vedere; perciochè com’egli
stesso nella part. .64. dice è obbietto sensibile commune. </s>