Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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6137LIBRO I. ſcoſte. Di vero chi è itato mai, che intender poſ-
ſa, qual coſa ſieno in lor medeſime la gravità,
l’ elaſticità, ed altre tali cagioni dì movimento,
e conoſcer l’ intrinſeca forma loro?
Ariſtotele,
che impiegò quaſi tutta la ſua fiſica a voler ſco-
prire, qual foſſe la prima cagion del moto,
poco altro ſeppe dirne, ſe non che ella doveſſe
eſſer χκίνητον τὶ κχὶ ὰὶδιον, un non ſo che immobile
e ſempite@@o;
il che non baſtando a ſpiegar la na-
tura della coſa, baſtò a moſtrare fin dove giun-
ger poteſſe uno de’ maggiori ingegni di Grecia.
Non biſogna dunque pretendere di conoſcere con
chiarezza, e diſtinzione queſte potenze, che pro-
ducono il movimento, o lo diſtruggono;
ma con-
tentarſi di averne un’ idea confuſa, e diſtinguer-
le ſol per gli effetti.
Io vi dirò bene un coſtume,
che ell’ hanno quaſi tutte, o più toſto tutte, da
cui, per quanto ſi dice, mai non partono;
ed è,
che mai non produccno un movimento grandiſ-
ſimo tutto ad un tempo;
ma dando al corpo pri-
ma un piccoliſſimo impulſo, gli danno, ove pe-
rò impedito non ſia, un moto piccoliſſimo;
cui
poſcia accreſcono con un’ altro impulſo, e poi
con un’ altro, e poi con un’ altro, finchè lo ri-
ducono ad una inſigne grandezza;
e la potenza è
molte volte così ſollecita, e pronta in dar tali
impulſi, che in poco di tempo riduce il moto ad
una grandezza maraviglioſa.
Il che però non ſa-
rebbe vero, ſe il corpo non conſervaſſe tutti i
movimenti, che di mano in mano ha ricevuti.

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