Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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6541LIBRO I. Bernulli uomo nelle matematiche ſcienze, quant’
altri mai foſſe, ſottile, e profondo, vuol ſimil-
mente, che nel moto equabile niuna azione ſi
adopri, per queſto appunto, che movendoſi un
corpo equabilmente, niuno accidente nuovo in
lui produceſi.
Pure quantunque non ſia azion
niuna nell’ inerzia, e’ ci biſogna però intender ne
corpi una proprietà, per cui ſi conſervino in quel-
lo ſtato, in cui dalle potenze furono poſti;
il che
ſe non foſſe, niuno effetto ci rimarrebbe delle
potenze.
Avendo io fin qui detto, ſtette un po-
co penſoſo il Signor Marcheſe, poi ripigliò.
Il
conſervare mi par pure, che ſia un’ agire;
or ſe
dunque l’ inerzia conſerva il movimento e la
quiete ne corpi, come può dirſi, che ella non ab-
bia azion niuna, e non agiſca?
Io credo, riſpo-
ſi, che il conſervar le coſe ſia un’ agire non men
che il produrle;
ma credo ancora, che il conſer-
varle altro non ſia, che l’ azion di Dio, il quale
ſiccome nel produr le forme dei corpi vuol ſer-
virſi delle potenze create, e agir con loro, così
nel conſervarle vuole agir da ſe ſolo.
E quindi
è, che a quella tal’ inerzia, che noi vogliamo pur
concepire, come una qualità de corpi, non reſta
da far nulla;
e ſi riman ſenza azione. Ma che
giova entrare ora in tante ſottigliezze, e così po-
co neceſſarie al propoſito noſtro?
per cui baſta
ſapere, che tutti gli effetti della natura ſi opera-
no per alcune potenze, che producon ne corpi la
velocità, la qual poi ſi conſerva in eſſi, che

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