Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

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3216DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI metter di lavorare con poca ſpeſa, e di contentarſi di minor pagamento di
quello
, che ſi richieda dagli altri.
E ſe peravventura non ſaranno molto prati-
chi
nelle fabbriche importanti, e ſtraordinarie, non è coſa ſicura il ſervirſene,
poichè
ſi dee temere, che non ſieno per imparare a ſpeſe di chi ſe ne fida;
che la poca pratica, che hanno nell’ Arte loro, non eſſendo avvezzi ad altro, che a
riſarcir
mura vecchie, e a fabbricar ſemplici caſe di perſone private, e povere,
non
baſta per uſarſi nelle fabbriche nobili, pubbliche, e di molta importanza:

concioſſiachè
queſti tali non ſanno quanto è neceſſario, per condurre alla ſua con-
veniente
perfezione qualunque fabbrica di grandiſſimo conto.
Quelli poi, che non
intendono
i diſegni, i modelli di qualſivoglia maniera d’edificio, eſſendo
d’ingegno
groſſiſſimo, e più atti a portare la calcina e i mattoni, che ad ado-
prare
la murajola, il martello, e l’archipenzolo, debbono totalmente eſſere
eſcluſi
da ogni fabbrica, eſſendo privi di quella cognizione, che, bene in-
teſa
, apre la ſtrada, ed agevola il modo di porre in effetto ogni opera, benchè
difficile
.
Ma eſſendone in tutto ignoranti, o non ſon riſoluti, e ſicuri nell’ope-
rare
, e operando s’allontanano dallo ſcopo dell’ Architetto, o contraffanno al-
la
volontà de’padroni, o confondono l’ordine delle parti della fabbrica, e la fan-
no
moſtruoſa, o finalmente volendo moſtrare d’aver inteſo il modello alla guiſa
de
mal ſaputi, e de’ſuperbi, oſtinatamente pretendono d’aver bene operato, e di
non
aver biſogno de’diſegni, degli avvertimenti degli Architetti.
Coſa la più dan-
noſa
alle fabbriche, e la più nemica delle buone ragioni d’ Architettura e dell’ Arte
ſteſſa
del murare.
Come, perchè per eſſa s’ eſce del dritto, e del giuſto, ſecon-
do
il quale ſi regola ogni Arte meccanica, e miniſtrativa;
così perchè non fe-
guendoſi
i diſegni degli Architetti, formati ſecondo la buona ragion d’ Architet-
tura
, e le ſue regole, in quanto ſi richiede al ſito, alla comodità, e al biſogno
dell’
edificio, non obbediſcono alla dritta regola dell’ Architettura, la quale è la
Tramontana
del bene operare.
Onde la fabbrica diviene inutile, e la ſpeſa in tut-
to
vana;
e per neceſſità convien dare a terra tutto il lavoro fatto per rifarlo di
nuovo
, e ſervirſi d’ altri artefici:
oppure forz’ è laſciar l’ opera così mal condot-
ta
in abbandono;
almeno cercar d’ emendarla, lo che è molto difficile: o fi-
nalmente
ridurſi ad uſarla con grandiſſimo diſpiacere, per moſtrare in parte di
non
aver gittato i danari.
Finalmente i muratori d’ oſtinata opinione di loro ſtef-
ſi
, i quali ſtimano di ſapere abbaſtanza, e di non aver biſogno d’ Architetti, che
ſtieno
lor ſopra, e che affermano d’ eſſer più atti ad inſegnar loro, che a ſe-
guitare
i diſcorſi, le regole, e i diſegni loro:
ed eſſendo così pertinaci nella loro
pretenſione
, non ſon docili, obbedienti, ma ſempre contraſtano al parer lo-
ro
, e fanno ſempre profeſſione di ſeguir tutto il contrario di ciò, che da quelli
con
buona ragione, e con ottime regole è ſtato lor dimoſtrato, e di far tutto
quello
, che lor detta il proprio capriccio, il quale non ha altro fondamento,
che
una certa pratica ſregolata, ſenza rettitudine alcuna.
Laonde i fabbricatori,
e
gli Architetti, eſſendo diſuniti, non ſi può far opera, che non abbia molti di-
fetti
.
E tutti queſti ſono i diſordini, e gl’ inconvenienti, e gli errori, che ven-
gono
dagli Architetti, i quali hanno fatto mala elezione dei fabbricatori.

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