Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

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226118OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Avendo fatta buona conſiderazione intorno ai peſi poſti ſul falſo, aggravanti le
ſoglie
di porte, che di fineſtre, mi par dicevole l’oſſervare altresì un altro incon-
veniente
e ſconſiderato errore patentiſſimo, che naſce dal non riflettere come ſi con-
viene
, e dal non eſaminare, per ben regolarſi nel porre i peſi ſul forte, e ſopra tut-
to
ciò, che rappreſenta forza non ſolo, ma eziandio di ſchivare tutto quello, che
moſtra
poca ſuſſiſtenza.
Oſſervo prima di tutto la figura dell’ arco della Cappella
maggiore
della Chieſa dei Miracoli.
Queſto è ſoſtentato da pilaſtri Corintj con corni-
ci
, piediſtalli, e baſamenti, ornati di nobile lavoro;
ma ciò, che ſa ſtupire, ſi è, che
al
di ſotto del piediſtallo nel baſamento vi è ſtato poſto un finto cuſcino coniſuoi
frocchi
ai cantoni, e ſopra queſto ripoſa tutto il peſo del grande arco.
Ma ciò che
accreſce
la maraviglia ſi è il vedere, come eſſo cuſcino nulla ſi riſenta del grave pe-
ſo
, che l’opprime, ma ſtarſene in guiſa, che moſtra di non ſoſtenere coſa alcuna.
In altra maniera poi vi è l’uſo di queſto ſcempiatiſſimo errore, ove ſono quei quat-
tro
Mori, che ſoſtengono il gran cornicione Dorico con tutto l’ Ordine Jonico ſo-
prappoſto
, ed il Trono nel ſoprannominato Depoſito, e ſi trova poſto nella Chieſa
dei
Frari.
Portano queſti Mori ſulla teſta un gran cuſcino, eſoſtenendolo colle brac-
cia
, ſembra, che il medeſimo nulla regga, mentre eſſo cuſcino nulla ſi ſcompone,
moſtra d’acciaccarſi ſotto grave peſo, che gli è ſopra.
Altre tre ſtatue ſi oſſer-
vano
nella ſteſſa Chieſa poſte a ſoſtenere colle ſpalle tutto il Depoſito d’Aiviſe Mar-
cello
preſſo alla Sagreſtia.
Siſſate impropriſſime maniere vengono praticate ſoltanto
da
coloro, che credono lecito in qualunque luogo l’uſo delle Cariate, come vedeſi
ancora
nella facciata della Chieſa dello Spedaletto, ove ſono due pellegrini in com
pagnia
di due altri facchini, che ſoſtentano colle ſpalle, e colle braccia l’ orribil pe-
ſo
del cornicione, e dell’ Attico, che ſopra gli carica.
Sconcia figura ſi è queſta,
che
non potrà convenire alla ſoda Architettura giammai;
poichè gli uomini non ſo-
no
pietre inſtancabili, ma deboli , che a lungo andare non poſſon reggere ſotto
un
enorme peſo;
e la ſteſſa ragione corre pure per i Termini, o Tritoni, i quali ſo-
no
aggiunte poſticce, ſiccome nota il Galaccini.
Vero ſi è, che le Cariate preſſo gli
Antichi
furon poſte in figura di ſchiavi condannati alla fatica, ma ſoltanto in quei
luoghi
, ne’quali poteſſero far figura da ſuſſiſtere, e niente più;
come ſarebbe, a ca-
gion
d’ eſempio, per ornare una porta, o un cammino, od alcun’altra coſa indiffe-
rente
, che non ſia di grave peſo, e che non teneſſero impegno d’alcuna legatura
di
fabbrica formale, poichè per poca poſſono naturalmente reggere.
Di queſte ſe ne
veggiono
alla porta d’ingreſſo alla Libreria pubblica;
come anche nel cammino del
Collegio
;
ed i Termini poſti all’ingreſſo della Zecca, poſtivi ſolo per ornamento,
benchè
ſoſtengano cornice;
e parimente quei quattro, che ſoſtengono la Cantoria
dell’Organo
in San Stefano, non già per forza di ſuſſiſtenza, poichè non vi è alcu-
na
ragione naturale.
Laonde ſarà indubitato, che il prudente Architetto, benchè
ſappiaſi
, che in alcun tempo ſiano ſtate praticate tali coſe, dee tuttavolta laſciarle
da
parte, e valerſi ſoltanto di quello, che detta la ragione, e le leggi dell’ ottima
perfezione
dell’ Arte.

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