Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

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6650DEGLI ERRORI DEGI ARCHITETTI la Criſtianità, ſia ſenza faſtigio, e ſenza Titolo, che per antico Rito, e per
Legge Eccleſiaſtica, non ſi trova alcun’altra Chieſa, che non l’abbia.
Si pecca nel decoro, quando ſi uſano per ornamento coſe non convenevoliai
luoghi ſagri, e ai luoghi profani:
e quando ſi adattano, ſenza conſiderazione
alcuna, e ſuori d’ogni corriſpondenza, gli Ordini d’Architettura, cioè, dove
conviene più la ſodezza dell’Ordine Toſcano, e del Dorico, e della maniera ru-
ſtica, applicando l’Jonico, il Corintio, o il Compoſito, e viceverſa;
e quel-
lo, che conviene a un ſeſſo, e a una condizione, attribuendo a un’altra.
Fi-
nalmente ſi erra nella medeſima guiſa, quando non ſi danno alle membra le de-
bite miſure, e proporzioni conſormi alle ſpezie di ciaſcun’Ordine:
quando non
ſi dà quella corriſpondenza degli ornamenti, quel collegamento uniſorme, che ſi
richiede:
e quando le altezze ſi fanno ſproporzionate, e le lunghezze alle lar-
ghezze, ſe però non ne è cagione il ſito, e la lontananza dall’occhio:
e final-
mente, quando per una particolare comodità, che ſi poſſa trarre dall’altra par-
te, ſi guaſta, e ſi confonde il componimento, e s’interrompe l’ordine degli or-
namenti della fronte.
E tutti queſti ſono i più notabili errori, che occorrano nel
tralaſciare il decoro della fabbrica.
CAPO VIII.
Degli errori, che dagli Architetti ſi permettono, mentre i Miniſtri uſano cat-
tivo ammaſſamento, e mala ſtruttura di mattoni, e di pietre, facendo
mala compoſizione di muraglia.
GLi errori, che gli Architetti laſciano commettere dai fabbricatori nell’am-
maſſamento, e nella ſtruttura delle muraglie, non ſolamente ſon cagione
della difforme apparenza loro;
ma ancora (e queſto è ciò, che più importa)
di fare che non durino lungo tempo.
E però gli Architetti ſon tenuti a oſſer-
vare, colla maggiore induſtria loro poſſibile, il modo tenuto dai Muratori nel
ſabbricare.
Queſti errori conſiſtono nel fare i muramenti non eſattamente livella-
ti, e ſquadrati, e negli ordini, e nei filari delle pietre, e dei mattoni non ben
poſti in piano, nè ben battuti, e con troppa calcina, e che ſia di mala quali-
tà, e mal compoſta:
ovvero nel mal collegamento dei mattoni, e delle pietre,
e dei ſilari inſieme in ciaſcun piano;
non ſolo nella corteccia, e nella fodera
del muro dalla parte di fuori, ma ancora nel riempimento della parte di dentro,
e nel congiungere il ripieno con eſſa:
onde ſi fa una muraglia male unita, e non
ſoda, e tale, che per ſe ſteſſa ſi può ſcroſtare, e facilmente a poco ridurſi in
rovina:
imperciocchè la molta calcina, e mal lavorata, e peggio impaſtata,
raſciugandoſi perde il nervo, e ſi converte in terra:
benchè la calcina meſco-
lata colla puzzolana non ſia di queſta natura, onde ſi vede nelle muraglie anti-
che di Roma in tal quantità, che agguaglia la groſſezza dei mattoni, non ſola-
mente gli lega, ma gli ſupera nella durezza.
E il buon collegamento delle mu-
ra non conſiſte nella quantità della calcina;
poichè la medeſima nell’unire le
pietre, e i mattoni ſa l’uſizio della colla nel congiungere i legnami, e della ſal-
datura, per attaccare inſieme metalli;
laonde baſta prenderne poca. O gli er-
rori ſon collocati nel non procurare, che le pietre, che ſi pongono per ornamen-
to, s’incaſtrino bene dentro la groſſezza del muro:
e queſto accade in Siena,
dove per neceſſità ſi conducono pietre di piccola grandezza, per riſparmio del-
la ſpeſa, perchè non ſi poſſon condurre ſe non per mezzo di carri, o a ſchiena
di mulo per la lontananza delle Cave, e per la difficoltà delle ſtrade;
e perchè
tali pietre ſi mantengano negl’incroſtamenti delle muraglie, è neceſſario legarle
con grappe di ferro, onde vi durano, mentre eſſo ſi mantiene;
ma con-
ſumato dalla ruggine, le pietre rimangono ſciolte, e cadono, e una, che ne
rovini, dà occaſione alla caduta delle altre.
Si veggono gli errori non guardan-
doſi, che le parti delle muraglie, e ſpezialmente ſe gli angoli facciano mala le-
gatura:
o le mura nuove ſi legano bene colle vecchie, acciocchè ſieno più ſta-
bili:
o nell’uſar poca diligenza, non avvertendo, che l’opera non ſi alzi più

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