1quello che chiamavasi il tempo dell'orologio, dall'ignorar la regola del
quale, dice Galileo, che dipendeva ogni fallacia, a cui eran soggetti i mac
chinamenti fabbricati allora per la misura del tempo.
quale, dice Galileo, che dipendeva ogni fallacia, a cui eran soggetti i mac
chinamenti fabbricati allora per la misura del tempo.
Egli sperava di poter trovar quella regola con l'applicare, invece del
bilanciere gravato dal contrappeso, il pendolo alle ruote degli antichi oro
logi da Torre. Ma la difficoltà d'adattare il nuovo organo oscillatorio gli si
presentò grave per modo, che pensò di trovare altrove che nei pesi e nelle
molle quella equabilità di forza necessaria al regolare e costante andamento
dell'Orologio. Questa forza credè Galileo che potesse esser somministrata
dall'acqua. E in fatti un liquido che esca fuori dall'orifizio di un vaso man
tenuto sempre allo stesso livello, conserva, in un punto determinato del suo
getto parabolico, una velocità e una quantità di moto sempre costante, ond'è
che venendo a urtare contro l'aletta di una ruota, questa si volgerà attorno
equabilmente. Pongasi ora questa ruota idraulica in luogo del tempo del
l'orologio, e servirà per misura inalterabile dell'ore. Di questo pensiero, che
rivela non tanto la sagacia della mente, quanto l'attività dell'investigazione,
ne lasciò Galileo le tracce in una di quelle Aggiunte, che fece di propria
mano ai Dialoghi dei Due Massimi Sistemi, su un esemplare posseduto dalla
Biblioteca del Seminario di Padova. Quell'Aggiunta così dice: “ Il tempo
dell'Oriolo mosso per l'acqua può forse servire per misurar l'ore ”.
bilanciere gravato dal contrappeso, il pendolo alle ruote degli antichi oro
logi da Torre. Ma la difficoltà d'adattare il nuovo organo oscillatorio gli si
presentò grave per modo, che pensò di trovare altrove che nei pesi e nelle
molle quella equabilità di forza necessaria al regolare e costante andamento
dell'Orologio. Questa forza credè Galileo che potesse esser somministrata
dall'acqua. E in fatti un liquido che esca fuori dall'orifizio di un vaso man
tenuto sempre allo stesso livello, conserva, in un punto determinato del suo
getto parabolico, una velocità e una quantità di moto sempre costante, ond'è
che venendo a urtare contro l'aletta di una ruota, questa si volgerà attorno
equabilmente. Pongasi ora questa ruota idraulica in luogo del tempo del
l'orologio, e servirà per misura inalterabile dell'ore. Di questo pensiero, che
rivela non tanto la sagacia della mente, quanto l'attività dell'investigazione,
ne lasciò Galileo le tracce in una di quelle Aggiunte, che fece di propria
mano ai Dialoghi dei Due Massimi Sistemi, su un esemplare posseduto dalla
Biblioteca del Seminario di Padova. Quell'Aggiunta così dice: “ Il tempo
dell'Oriolo mosso per l'acqua può forse servire per misurar l'ore ”.
Ma questo in ogni modo non poteva riuscir quel Misuratore del tempo,
che richiedevasi per i regolati esercizii della vita domestica e civile, e tanto
meno era atto a corrispondere alle scrupolose esigenze della scienza. Non
si può, pensava Galileo, uscir dal pendolo, e ci dee esser pur la maniera di
adattarlo alle ruote degli Orologi, che segnano l'ore sulle pubbliche piazze.
Quella maniera vedeva egli consistere nell'adattare opportunamente un con
gegno, il quale facesse sì che il pendolo, invece di dare impulso, lo rice
vesse dalle stesse ruote, e fosse ufficio di lui quello di regolare e di perpe
tuare nelle macchine il moto così regolato.
che richiedevasi per i regolati esercizii della vita domestica e civile, e tanto
meno era atto a corrispondere alle scrupolose esigenze della scienza. Non
si può, pensava Galileo, uscir dal pendolo, e ci dee esser pur la maniera di
adattarlo alle ruote degli Orologi, che segnano l'ore sulle pubbliche piazze.
Quella maniera vedeva egli consistere nell'adattare opportunamente un con
gegno, il quale facesse sì che il pendolo, invece di dare impulso, lo rice
vesse dalle stesse ruote, e fosse ufficio di lui quello di regolare e di perpe
tuare nelle macchine il moto così regolato.
Il Viviani ci assicura che Galileo riuscì veramente a trovar quel con
gegno che rispondeva all'intento, e racconta come negli ultimi anni della
vita l'avesse ideato, e a lui stesso, che ne racconta la storia, fatto noto. In
quella storia, lasciando addietro tante altre particolarità che non fanno per
ora al caso nostro, così appunto si legge: “ Mentre dunque il Padre Re
nieri attendeva alla composizione delle Tavole, si pose il Galileo a speculare
intorno al suo Misuratore del tempo, ed un giorno del 1641, quando io di
morava appresso di lui nella Villa d'Arcetri, sovviemmi che gli cadde in
concetto che si saria potuto adattare il pendolo agli oriuoli da contrappesi
e da molle, con valersene invece del solito tempo, sperando che il moto
egualissimo e naturale di esso pendolo avesse a correggere tutti i difetti
dell'arte in essi oriuoli. Ma perchè l'esser privo di vista gli toglieva di poter
far disegni e modelli, a fine d'incontrare quell'artifizio, che più proporzio
nato fosse all'effetto concepito, venendo un giorno di Firenze in Arcetri il
detto signor Vincenzio suo figliuolo, gli conferi il Galileo il suo pensiero, e
gegno che rispondeva all'intento, e racconta come negli ultimi anni della
vita l'avesse ideato, e a lui stesso, che ne racconta la storia, fatto noto. In
quella storia, lasciando addietro tante altre particolarità che non fanno per
ora al caso nostro, così appunto si legge: “ Mentre dunque il Padre Re
nieri attendeva alla composizione delle Tavole, si pose il Galileo a speculare
intorno al suo Misuratore del tempo, ed un giorno del 1641, quando io di
morava appresso di lui nella Villa d'Arcetri, sovviemmi che gli cadde in
concetto che si saria potuto adattare il pendolo agli oriuoli da contrappesi
e da molle, con valersene invece del solito tempo, sperando che il moto
egualissimo e naturale di esso pendolo avesse a correggere tutti i difetti
dell'arte in essi oriuoli. Ma perchè l'esser privo di vista gli toglieva di poter
far disegni e modelli, a fine d'incontrare quell'artifizio, che più proporzio
nato fosse all'effetto concepito, venendo un giorno di Firenze in Arcetri il
detto signor Vincenzio suo figliuolo, gli conferi il Galileo il suo pensiero, e