Aveva il Benedetti messo innanzi così agli studiosi del suo libro Delle
speculazioni: “ Omne corpus grave, aut sui natura, aut vi motum, in se
recipit impressionem aut impetum motus, ita ut, separatum a virtute mo
vente, per aliquod temporis spatium ex seipso moveatur ” (Editio cit.,
pag. 286, 87), e in quest'impeto rimasto nel mobile impresso riconosceva
la causa acceleratrice del moto. Suppongasi, ragionava dietro ciò Galileo, che
abbia il mobile, partendosi dalla quiete in A (fig. 141), percorso lo spazio
332[Figure 332]
speculazioni: “ Omne corpus grave, aut sui natura, aut vi motum, in se
recipit impressionem aut impetum motus, ita ut, separatum a virtute mo
vente, per aliquod temporis spatium ex seipso moveatur ” (Editio cit.,
pag. 286, 87), e in quest'impeto rimasto nel mobile impresso riconosceva
la causa acceleratrice del moto. Suppongasi, ragionava dietro ciò Galileo, che
abbia il mobile, partendosi dalla quiete in A (fig. 141), percorso lo spazio
332[Figure 332]
Figura 141.
AB in.un primo tempo, e che, giunto in B, sia sottratto agl'im
pulsi continui della gravità in qualunque modo, come per esem
pio rivolgendo in direzione orizzontale il suo corso. Proseguirà,
secondo gl'insegnamenti del Benedetti, il conceputo moto spon
taneamente, passando uno spazio che, aggiuntovi poi quello, per
cui sarebbe spinto dalla propria gravità, se gli fosse rimasta im
pressa, ossia se non avesse deviato dalla prima direzion perpen
dicolare, dee esser nel secondo tempo necessariamente maggior che
nel primo. Il secondo viaggio BE insomma, fatto in parte spon
taneamente dal mobile, e in parte per impulso della propria gra
vità, si vede dover esser necessariamente maggiore del primo AB,
ma Galileo voleva saper di più qual ne fosse precisamente l'ec
cesso.
AB in.un primo tempo, e che, giunto in B, sia sottratto agl'im
pulsi continui della gravità in qualunque modo, come per esem
pio rivolgendo in direzione orizzontale il suo corso. Proseguirà,
secondo gl'insegnamenti del Benedetti, il conceputo moto spon
taneamente, passando uno spazio che, aggiuntovi poi quello, per
cui sarebbe spinto dalla propria gravità, se gli fosse rimasta im
pressa, ossia se non avesse deviato dalla prima direzion perpen
dicolare, dee esser nel secondo tempo necessariamente maggior che
nel primo. Il secondo viaggio BE insomma, fatto in parte spon
taneamente dal mobile, e in parte per impulso della propria gra
vità, si vede dover esser necessariamente maggiore del primo AB,
ma Galileo voleva saper di più qual ne fosse precisamente l'ec
cesso.
Il progresso fatto per solo impulso di gravità, e che vien rap
presentato dalla linea continua DE, si comprende come dovess'es
sere uguale nel primo e nel secondo tempo, che pur si suppongono
uguali, ond'è che tutto si riduceva a sapere la quantità dello spa
zio, passato dal mobile con la spontaneità del suo moto, e che si
distingue con la linea BD punteggiata. Per saper dunque qual
parte dello spazio AB sia lo spazio BD, Galileo così ragionava:
Partendosi dalla quiete A rappresentata da zero, suppongasi che,
giunto in B, abbia il mobile acquistato nel primo tempo 5 gradi
di velocità, cosicchè, divisa la linea AB in cinque parti, la prima
contenga uno spazio, la seconda due, e così di seguito in fino alla
quinta, che ne conterrà cinque, e saranno perciò tutti insieme gli
spazi 0+1+2+3+4+5=15. Ora, giunto il mobile in B,
si suppone che con moto uniforme prosegua spontaneamente, nel
secondo tempo uguale al primo, con la velocità iniziale ulterior
mente acquistata uguale a 5: cosicchè i termini da sommarsi, che
dianzi erano sei, da zero a cinque, ora son pur sei, ma tutti eguali a 5, e
perciò la somma degli spazii contenuti nella linea BD sarà uguale a 30. ” E
perciò, così Galileo conclude il suo ragionamento, movendosi il mobile per
altrettanto spazio, ma con velocità equabile, e qual'è quella del sommo
grado 5, doverà passare spazio doppio di quello, che passò nel tempo acce
lerato, che cominciò dallo stato di quiete ” (Alb. I, 251).
presentato dalla linea continua DE, si comprende come dovess'es
sere uguale nel primo e nel secondo tempo, che pur si suppongono
uguali, ond'è che tutto si riduceva a sapere la quantità dello spa
zio, passato dal mobile con la spontaneità del suo moto, e che si
distingue con la linea BD punteggiata. Per saper dunque qual
parte dello spazio AB sia lo spazio BD, Galileo così ragionava:
Partendosi dalla quiete A rappresentata da zero, suppongasi che,
giunto in B, abbia il mobile acquistato nel primo tempo 5 gradi
di velocità, cosicchè, divisa la linea AB in cinque parti, la prima
contenga uno spazio, la seconda due, e così di seguito in fino alla
quinta, che ne conterrà cinque, e saranno perciò tutti insieme gli
spazi 0+1+2+3+4+5=15. Ora, giunto il mobile in B,
si suppone che con moto uniforme prosegua spontaneamente, nel
secondo tempo uguale al primo, con la velocità iniziale ulterior
mente acquistata uguale a 5: cosicchè i termini da sommarsi, che
dianzi erano sei, da zero a cinque, ora son pur sei, ma tutti eguali a 5, e
perciò la somma degli spazii contenuti nella linea BD sarà uguale a 30. ” E
perciò, così Galileo conclude il suo ragionamento, movendosi il mobile per
altrettanto spazio, ma con velocità equabile, e qual'è quella del sommo
grado 5, doverà passare spazio doppio di quello, che passò nel tempo acce
lerato, che cominciò dallo stato di quiete ” (Alb. I, 251).