Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1lia, che si risvegliò all'esempio, in Germania, quel gran Keplero, il quale
avendo, ne'suoi Paralipomeni a Vitellione, sfiorato appena questi stessi nuovi
studii, volle tornarci sopra di proposito, a coltivarli col principale intento di
derivar luce di lì a intendere la ragione del Canocchiale.
Il Trattatello, che
vide pure nel 1611 in Augusta la luce, s'intitolò Dioptrice, seu demonstra­
tio eorum quae visui et visibilibus, propter conspicilla non ita pridem in­
venta, accidunt, e nella teoria delle lenti semplici si va anche qui prepa­
rando la teoria per le lenti composte.
Il rappresentarsi delle immagini reali nelle lenti convesse è dimostrato
nella proposizione XXC con tanta esattezza, che non potrebbe di meglio de­
siderare la scienza.
Ivi è invocato per la prima volta il principio che l'oc­
chio riferisce la vista nella direzione del raggio rifratto, e con ciò venivasi
35[Figure 35]
Figura 27.
a intendere in che modo il teorema di Tolomeo, che
cioè gli oggetti si vedon dall'occhio nostro ingranditi
a proporzione dell'angolo visuale, si potesse, dai di­
retti e naturali, applicare ai raggi rifratti.
Quella
citata proposizione XXC, in cui si dimostra così bene
la teoria del microscopio semplice, è conclusa dal­
l'Autore nella forma seguente: “ Ut igitur totum DE
(fig.
27) apprehendatur, oportet venire ab oculo exte­
riores quam CI, CK, puta CA, CB.
Hae igitur si iusto
spacio distiterint a CI, CK, refractione in A, B facta,
apprehendent D, E ut sint visivae CAD, CBE.
Cum
autem ACB angulus sit maior quam ICK, quo spe­
ctatur visibile, remota lente, maius igitur putabitur visibile DE quam est.

Nam nescit oculus quid radiis CA, CB accidat in transitu A et B, putatque
illos continuari in rectum ac si essent CAF, CBG, ubi FG imaginata quantitas
est maior quam DE ” (ibi, pag.
36).
Quanto però il Keplero è esatto in questa, altrettanto si mostra impro­
prio nell'altra proposizione XCVI, dove tratta delle immagini rappresentate
dalle lenti concave.
L'enunciato visibilia per cavas lentes rapraesentantur
minora (pag.
49) è vero, ma nel processo della dimostrazione si tien che i
raggi convergano verso l'occhio quasi abbiano le lenti concave, come le con­
vesse, un foco reale.
Da questo errore principalmente dipende l'insufficienza
del Keplero a spiegar la ragione del Canocchiale, imperocchè, sebbene egli,
nelle due proposizioni XLIV e LXXV, dimostri assai bene il rappresentarsi
delle immagini reali o rovesciate nelle lenti convesse, non seppe poi vedere
come, contrapposta una tale immagine reale per oggetto alla lente concava,
questa, collocata presso l'occhio, per la divergenza e l'incrociamento de'raggi
in lei rifratti, venisse a ripresentar l'oggetto stesso assai più grande e di­
ritto.
È perciò che il nostro Autore nella proposizione CVII, smarrita la sua
scienza diottrica, si abbandona alla fantasia, la quale gli fa tesser così fatto
discorso: La lente convessa fa troppo convergere i raggi; la concava gli fa
roppo divergere, ma composte insieme nel Canocchiale si emendano i due

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