Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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Qui resterebbe di due cose sodisfare ai curiosi: la prima, come mai il
Principe Leopoldo, che fu tanto sollecito e largo dispensatore del Libro a
tutti i dotti nostrali e stranieri, facesse così lungo indugio coll'Huyghens
corrispondente dell'Accademia infin quasi da'primi anni, e fra quegli stessi
dotti il più insigne di tutti.
L'altra, come mai l'Huyghens così poca atten­
zione facesse nello svolgere il Libro, da non accorgersi che era stato pub­
blicato già da sette anni, benchè lo avesse ricevuto di fresco.
Ma perchè
così fatte questioni appartengono piuttosto all'erudizione che alla Scienza,
lasceremo ad altre mani a risolvere il nodo.
Quel rinfocolamento poi aveva il suo giusto motivo, perchè mentre l'Au­
tore della Storia del ritrovamento del pendolo si contentava d'attribuire a
Galileo il primo progetto e al figliuolo di lui il primo tentativo, lo Scrittore
del Libro degli Esperimenti sentenziava addirittura che Vincenzio di Galileo
aveva messo in pratica il pendolo all'Orologio.
Per ciò privatamente l'Huy­
ghens, nella lettera sopra citata al principe Leopoldo, si rammaricava di es­
sere stato tacitamente accusato di plagio, e al cospetto del pubblico poi,
nella Prefazione all'Oscillatorio, faceva le sue ragioni, domandando come
mai fu tenuta per otto anni a tutti occulta l'invenzione de'Galilei.
Che se
ciò fu ad arte, sia mia gloria conclude l'altero Olandese, id quod omnes
latebat mihi soli innotuisse. E perchè sapeva bene che a'Galilei, padre e
figlio, di pubblicare quelle loro invenzioni ne avevano avuto il divieto ine­
sorabile dalla morte, le parole del Toparca di Zulichemme vanno diretta­
mente a ferire il Principe di Toscana, il quale forse non aveva ancora letta
quella Prefazione, perchè M.
De Gondy, a cui era stato commesso, non gli
aveva fatto recapitare il libro.
Ma insomma, in una sua lettera, il Principe
non fa altro che rispondere, in quegli stessi termini che nel 1659 scriveva
al Bullialdo, a quell'altra lettera, nella quale l'Hugenio, parendogli di es­
sere stato imputato di plagio, ripete le scuse antiche d'aver pubblicato il suo
primo Orologio, senza nulla aver saputo di Galileo.
Ma se il Principe Leopoldo de'Medici e Vincenzio Viviani avranno poi
letta quella Prefazione all'Orologio Oscillatorio, come la lessero certemente,
non potevano non sentirsi configgere nel cuore la punta acuta di quelle
alate parole.
Se era vero infatti che Vincenzio di Galileo infin dal 1649 aveva
messo in pratica l'orologio a pendolo, com'asseriva il Segretario Magalotti
a insinuazione senza dubbio del Viviani, e se era vero che infin da 1656 in
Toscana un Virtuoso aveva costruito un orologio più perfetto di quello del
signor Cristiano Hugenio; non pare anche a noi che sieno veramente degni
di riprensione il Principe dell'Accademia fiorentina e il discepolo idolatra e
l'amico intimo de'Galilei per aver così lunghi anni tenuta occulta un'in­
venzione di tanta importanza?
E avessero almeno alla tarda occasione che
presero di pubblicarla, provveduto degnamente! Quell'Orologio, che fu pie­
tra di scandalo allo sdegnoso Olandese, è là nelle Tavole del Libro dell'Ac­
cademia diligentemente disegnato sì, ma chiuso in sè stesso e d'ogni loquela
muto.
Eppure, se egli parlasse, potrebbe rivendicare all'Italia qualche me-

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