Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1invenzioni: (Nelli, Saggio ecc., Lucca 1759, pag. 111). Si sarebbe forse al­
tresì compiaciuto in questo medesimo luogo dell'invenzion del Cronometro,
per servigio del quale inventò lo strumento sopra descritto, so non avesse
voluto farne intiera oblazione al suo Galileo.
Ma che egli attendesse per sè medesimo a così fatte speculazioni e ci
avesse acquistato meriti proprii da venire in qualche parte a contesa di
quella gloria che, per la pubblicità dell'opera, s'andò a cumular tutta in
fronte all'Hugenio; si concluderà da ciò che siamo per dire della ricerca
de'centri di oscillazione a proposito della fabbrica degli orologi.
Nel 1635 Giovanni Pieroni attendeva con massima diligenza ad osser­
vare i moti di alcune stelle fisse per accertarsi se ell'erano veramente sog­
gette, come da alcuni copernicani si sospettava, a parallasse annuale.
A tali
delicatissime ricerche gli bisognavano misuratori squisiti de'minimi tempi.

Ma a supplire al bisogno riconosceva l'inutilità de'pendoli, così magnificati
da Galileo, se prima non si sapeva la loro lunghezza precisa e il più esatto
modo di computarla.
Perciò scriveva, in una sua lettera diretta allo stesso
Galileo, che gli sarebbe stato grandissimo vantaggio saper da lui quanto
vadia lungo un pendolo per misurare uno o alquanti secondi di tempo,
e se la lunghezza si prende insino a tutto il corpo grave pendente o in­
sino al centro di esso. (Alb.
X, 68).
La responsiva a questa del Pieroni non si trova nell'Epistolario gali­
leiano, ma in ogni modo siam certi che egli non era in grado di rispon­
dere alla prima domanda, perchè non aveva ancora scoperta la legge del
tempo relativamente alle varie lunghezze de'pendoli: nè men certi siam pure
in dire che egli non era in grado di rispondere scientificamente nemmeno
alla seconda, la quale includeva in sè la soluzione del celebre problema dei
centri oscillatorii.
Un tal problema era senza dubbio occorso a Galileo nella
corda o nella catena che s'incurva, oscillando il pendolo (Alb.
I, 254) ma
perchè di questo, nella misura del tempo, dica pure quel che si vuole il
Viviani, Galileo non ne fece mai uso, non sentì perciò nemmeno il bisogno
di decider se alla lunghezza del filo dovesse aggiungersi il diametro o il
raggio o altra parte della dimensione del peso pendolo, come voleva il Pie­
roni sapere dal suo Maestro.
Quando nel primo periodo dell'Accademia medicea si ripresero questi
studii, e si volle cominciare a mettere una volta in pratica quel che Gali­
leo si era contentato di progettare, si sentì allora seriamente il bisogno di
rispondere alla seconda domanda di Giovanni Pieroni e si rispose in modo
che in pratica almeno fu trovato conforme al vero.
Si rispose che essendo
il filo sottilissimo e il peso di materia omogenea e di figura sferica, la lun­
ghezza del pendolo si dovea computar dal punto di sospensione del filo al
centro di gravità dello stesso peso.
Una sì fatta risposta, se non si trova
espressa a parole, si trova però eloquentemente espressa ne'fatti, sapendosi
che per le squisite osservazioni e sperienze i nostri Accademici si valevano
di palle di oro sospese a sottilissimi fili di seta.
Ma più eloquentemente che

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